ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su Secolo d'Italia
(Sezione:    Primo   Piano   Pag.    3)
Mercoledì 28 luglio 2004

EMANUELE CONTI

Mantovano rintuzza le accuse delle sinistre offrendo un quadro d’insieme che fa giustizia di molte critiche

 

 «L’Italia è più sicura di quattro anni fa»

Il motto del governo? Mano ferma contro la delinquenza, rispetto delle garanzie dei cittadini


 

ROMA. «I risultati si vedono. E soprattutto arrivano in un momento in cui la lotta alla criminalità viene combattuta sia sul fronte interno che internazionale». Dopo il blitz contro gli anarchici Alfredo Mantovano non nasconde la propria soddisfazione: l’ultimo di una serie di successi merita di essere celebrato con un piccolo rapporto in materia di sicurezza. Un atto quasi doveroso, quello del sottosegretario all’Interno, viste le «continue e inutili polemiche della Sinistra che non si stanca di ripetere: “mancano i mezzi, gli uomini e i risultati” ».

Mantovano invita l’opposizione a osservare «il quadro d’insieme che fa giustizia di ogni accusa» e ricorda agli ex-ministri che i risultati di questo lavoro «quattro anni fa non si verificavano ». Dai tempi dell’Ulivo molto è cambiato. Sono mesi che dal Viminale arrivano segnali di un salutare giro di vite sulla sicurezza, di un potenziamento del controllo sul territorio. Le ultime operazioni confermano quest’escalation tesa a riaffermare l’autorità dello Stato: le zone franche si stanno svuotando, mentre cresce la fiducia della gente nei confronti delle istituzioni. La mega-indagine sugli anarchici, i brigatisti rossi che uno dopo l’altro cadono inesorabilmente nella rete della giustizia, l’espulsione dei falsi profughi della Cap Annamur. E ancora, la direttiva a prefetti e questori sulla Bossi-Fini per arginare gli effetti dirompenti delle sentenze della Corte costituzionale, gli «sbarchi dei clandestini che nel 2004 si sono dimezzati». Senza dimenticare i successi nella lotta alla criminalità organizzata, mafia per prima: «Gli arresti dei latitanti e i sequestri dei beni sono all’ordine del giorno». Ma Mantovano, responsabile di An per i problemi dello Stato, tiene a sottolineare che la Destra di governo non persegue la semplice - e meno che mai indiscriminata - repressione dell’illegalità: al ministero dell’Interno la mano ferma contro la delinquenza si accompagna con il rispetto delle garanzie dei cittadini.

Dunque l’Italia è più sicura?
Non mi sbilancerei in dichiarazioni impegnative. Direi piuttosto che il nostro enorme impegno sta dando frutti impensabili fino a quattro anni fa. Non dimentichiamo che all’epoca nelle indagini sulle Br si verificavano fughe di notizie e i clandestini invadevano le nostre coste.

Con gli anarchici poi avete avuto difficoltà investigative particolari.br> Infatti non c’è comparazione con altri tipi di indagine. Gli anarchici non hanno una struttura verticistica come le Br, è più difficile trovare un filo conduttore. È un po’ come ricomporre un puzzle. Ci si trova di fronte a una specie di network con un duplice livello: pubblico e occulto. Quest’ultimo progetta le vere e proprie azioni eversive.

Gli arrestati sono tutti giovani. Ritiene che dietro di loro si celi un “grande vecchio”?
Non credo. Non hanno bisogno di una guida, sarebbe contrario alla natura della loro realtà. L’impronta è nichilista, mentre gli obiettivi, in un’estrema frammentazione, variano da territorio a territorio. Possono essere banche, stazioni dei carabinieri o anche sedi di partito. An ad esempio è stata presa di mira in Toscana.

La colonna anarchica è stata del tutto sgominata?
No. Ed è proprio la struttura del network che mi porta a questa considerazione.

Si può parlare di pericolo latente, allora?
Certo, ma ci stiamo attrezzando per debellarlo.

E di un’internazionale dell’eversione?
In senso proprio, no. Oltre alla gerarchia manca il coordinamento. Esistono collegamenti, potenziati da internet, e una certa tendenza internazionalista che ha come filo conduttore un generico ribellismo. I principali punti in comune sono la lotta contro il regime carcerario e contro il capitalismo.

Quale è il brodo di coltura? I centri sociali?
Il brodo di coltura è un residueo del ’68 e del ’77. Circolano anche libelli, come «Taz», che esaltano l’anarchismo. Non voglio generalizzare ma esorto coloro che frequentano i centri sociali ad aprire gli occhi e a limitarsi a manifestazioni di dissenso. Anche vivaci. E niente più.

Le curve degli stadi hanno un ruolo?
Una certa attività collaterale è innegabile. Alcune curve legate all’estremismo di sinistra, come quella di Livorno, sono oggetto di attenzione da parte delle forze di polizia.

Come si può garantire la sicurezza senza ledere la libera manifestazione del pensiero?
Prmesso che ogni norma che comprometta la libera manifestazione del pensiero mi lascia perplesso, analizzerei i singoli casi. L’apologia della violenza ad esempio non è un reato di opinione se viene fatto in una curva di stadio. Un coro può trasformarsi in un concreto incitamento alla violenza.

Anche gli slogan nelle manifestazioni?
Anche quelli. Certe volte le parole sono come pietre. Il confine della violenza verbale con quella fisica è molto evanescente.

Servono leggi speciali in materia di terrorismo?
Se penso a quello interno, non ravviso necessità di modifiche. Qualche rettifica significativa sarebbe opportuna in materia di terrorismo internazionale. Penso a uno strumento che sia l'equivalente della procura nazionale antimafia

Un maggiore attività delle forze di polizia non dovrebbe andare di pari passo con la riforma della Giustizia?
Sarebbe sufficiente lavorare sulla formazione dei magistrati gioudicanti. È successo che alcuni giudici non abbiano considerato associazioni terroristiche alcuni gruppi islamici come il Gia. Di conseguenza non sono scattate le misure cautelari nei confronti di personaggi gravemente sospettati di attività eversiva.

Le nuove Br sembrano in ginocchio, ormai.
È un dato che può considerasi acquisito.

La mafia se ne sta quieta.
Con tutte le operazioni che portiamo a compimento...

Catturerete anche Bernardo Provenzano?
Anche se fosse, non esauriremmo il pericolo mafioso. Come la cattura di Bin Laden non metterebbe la parola fine all’estremismo islamico.

Che fa paura.
Finora non c’è stato alcun segnale concreto di pericolo di attentati in Italia, ma, senza creare inutile allarmismo, non posso negare che siamo tra i Paesi maggiormente esposti.

Di fronte all’offensiva dello Stato non c’è il rischio che si creino o si rinsaldino i contatti tra le varie forze dell’eversione?
Sono realtà estremamente diverse. C’è solo un’aspirazione di personaggi del brigatismo a creare fronti comuni. La criminlaità comune e il terrorismo islamico, poi, hanno avuto contatti solo per settori specifici. Mi riferisco a sporadici apporti logistici come la fornitura di documenti falsi. Ma non c’è un quadro strategico d’insieme.


    

 

vedi i precedenti interventi