ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su il Secolo d'Italia
(Sezione: Prima Pagina e   segue Pag.  14  )
Martedì 3 Dicembre 2002

ALFREDO MANTOVANO

Devolution

Sicurezza, le opportunità della riforma


 

QUALE estensione dare al termine «polizia locale», che è una delle voci più significative nel più ampio contenitore della devolution? Va immaginata la costituzione di nuovi corpi di polizia, su base regionale, con contestuale attribuzione di competenze specifiche, o si possono valorizzare ulteriormente i compiti delle polizie municipali e degli enti territoriali?

Si può dare risposta seria a questi interrogativi, e ad altri connessi, se si parte dal presupposto, che nessuno può disconoscere, che la sicurezza è un sistema complesso, al cui interno operano realtà diversificate per funzioni e per territorio. Collegati a questo presupposto sono due corollari:

a) queste realtà vanno coordinate al meglio, per evitare da un lato sovrapposizioni, dall’altro lacune;

b) la differenza fra i soggetti che operano sul fronte della sicurezza è di ruoli, non certamente di dignità: l’agente della polizia municipale non è, e non deve sentirsi, un carabiniere di serie B.

Va poi tenuto in considera zione il contesto, che oggi non è certamente uguale a quello di 5 o 6 anni fa. Non lo è:

- nel livello di coinvolgimento degli enti territoriali. La partecipazione del sindaco della città capoluogo e del presidente dell’amministrazione provinciale ai lavori del Comitato per l’ordine e la sicurezza non è più, come poteva apparire in una fase iniziale, una graziosa concessione del prefetto, ma è un dato ritenuto importante per lo scambio di informazioni e di valutazioni relative ai rischi criminali in una determinata zona;

- nelle attività che svolgono le polizie municipali. In tante province esse intervengono in esclusiva in materia di infortunistica stradale, liberando le forze di polizia nazionali per attività loro proprie: nessuno può immaginare un vigile urbano impegnato in indagini su estorsioni, magari attraverso intercettazioni telefoniche o ambientali, ma si può dare modo a poliziotti e a carabinieri di impegnarsi con maggiore efficacia su questi fronti;

- nel coordinamento fra le polizie municipali di centri limitrofi. Fra comuni di piccole dimensioni presenti in territori omogenei si sta diffondendo la buona pratica di consorziare i corpi dei vigili urbani: di fronte a 4 piccoli municipi, contare su una forza complessiva di 20 unità consente una programmazione e un quadro di interventi certamente più efficace (per esempio, anche con la predisposizione di un turno di notte) dell’avere a disposizione 4 distinti corpi con 5 agenti a testa;

- nell’attività di formazione, che è essenziale per arrivare a modalità di intervento tendenzialmente univoche. Ci sono regioni — in primis, la Lombardia — che da tempo operano meritoriamente su questo terreno;

- nella moltiplicazione degli accordi di legalità fra il ministero dell’Interno e singole Regioni o municipi di particolare rilievo; nel testo degli accordi non si trovano parole in libertà, ma precisi impegni che vengono reciprocamente assunti, in condizioni di pari dignità, in virtù dei quali ciascun contraente sviluppa al massimo il proprio ruolo, puntando alla più razionale collaborazione con l’altra istituzione;

- nei compiti più estesi svolti dalla vigilanza privata, dalla sorveglianza dei varchi aeroportuali a quella dei palazzi di giustizia, anche in tal caso liberando per gli interventi di più stretta competenza le forze di polizia nazionali;

- nell’uso più ampio dei sistemi di vigilanza fissa; il deturpamento di edifici pubblici può non essere impedito dal frequente passaggio di unità di polizia, nazionali o municipali: viceversa, può essere scoraggiato dalla videoregistrazione.

Questi sono alcuni fra i terreni operativi di più stretto raccordo con le polizie municipali — e non solo —, in grado di riempire di contenuto l’espressione «polizia locale», altrimenti destinata a restare nel vago e nel generico.

Infine, non va trascurato il varo imminente del cosiddetto «poliziotto di quartiere», che metterà a fianco poliziotti, carabinieri e vigili urbani, in un quadro di riferimento operativo condiviso e concordato, e in una prospettiva di sempre maggiore percezione della presenza di forze di polizia vicine ai cittadini.

Ipotizzare la costituzione di ulteriori corpi di polizia — di dimensioni regionali — può far sorgere fondate perplessità. Le fa sorgere negli stessi presidenti delle Regioni, nel cui orizzonte non rientra un ruolo di garante della sicurezza direttamente operativo. Le solleva per ragioni obiettive e di merito; si è parlato in proposito di distinguere fra macrocriminalità (il cui contrasto andrebbe lasciato alle polizie nazionali) e microcriminalità (da affidare invece alle polizie regionali). Ma il criterio è discutibile: l’estorsione da 100 euro al mese, che colpisce senza bombe, ma in modo diffuso, tanti piccoli operatori economici è espressione di macro o di microcriminalità (eppure spesso è una delle modalità operative di una organizzazione criminosa)? Le solleva per ragioni di mezzi e di energie: non conviene razionalizzare al meglio ciò che già esiste piuttosto che costituire ex novo una realtà che, per funzionare, esige investimenti cospicui, e soprattutto tempo per garantire la necessaria formazione?

Su questi temi di discussione la Destra italiana è pronta a fornire — come già sta avvenendo — il proprio contributo propositivo e di approfondimento. Senza fobie nei confronti di ipotesi nuove da prendere in considerazione, ma al tempo stesso con una chiara distinzione fra scopi e mezzi: lo scopo ineludibile non è quello di realizzare assetti organizzativi fascinosi ma astratti, bensì puntare a una maggiore sicurezza dei singoli e delle comunità; il mezzo è far sì che la polizia locale sia sempre più parte attiva e consapevole del sistema, anche attraverso modifiche normative adeguate.


vedi i precedenti interventi