ALFREDO
MANTOVANO SOTTOSEGRETARIO DI STATO MINISTERO DELL'INTERNO |
Interventi sulla stampa |
Articolo pubblicato su Secolo d’Italia (Sezione: Politica Pag. 2 ) |
martedì 8 novembre 2005 |
LUCA MAURELLI
«In Francia solo ghetti,
qui rigore e integrazione»
ROMA. C’è aria torbida di cassonetti incendiati nei sobborghi parigini, ma c’è puzza di bruciato anche nella periferia della politica italiana: qui qualcuno si diverte a disegnare scenari apocalittici solo per accreditare l’immagine di un’Italia che si adegua sempre e solo al peggio degli altri. In Francia tiene banco il morto, il coprifuoco, la rivolta, in Italia il leader dell’opposizione straparla, ipotizza, quasi auspica una deriva nostrana per l’ondata di violenza del ghetto francese: Prodi mira a Berlusconi ma è fuoco amico sui sindaci rossi che governano le città, irritati e offesi dai giudizi strampalati del professore. «Sono loro gli eredi dei quella edilizia visionaria che ha prodotto i mostri dello Zen di Palermo e delle Vele di Scampia, che c’entra il governo con il rischio francese per le periferie italiane? », si chiede Alfredo Mantovano, sottosegretario di An agli Interni. Anzi, a Prodi andrebbe ricordata quella norma delle Fini- Bossi che garantisce un alloggio “con metratura e servizi conformi alla dignità del lavoratori” per quegli extracomunitari che arrivano in Italia su richiesta dei datori. «Ecco, in due parole, questa è la diversità di approccio della destra», dice Mantovano. Il “rischio francese”, stavolta, è tutto politico, e sta a sinistra, nella contraddizione di Bologna, lacerata tra rigore e tolleranza, nella periferia degradata costruita da decenni di architettura rossa, nella necessità di realizzare una politica per l’immigrazione iperbuonista e colabrodo, che insieme a Bertinotti scarichi sul paese un flusso incondizionato di immigrati da condannare al ghetto, proprio secondo il modello-polveriera costruito in Francia. «Eppure l’ossessione anti-Berlusconiana spinge Prodi a battere sul tasto del catastrofismo, — spiega ancora Mantovano — c’è un’ansia di trovare colpevoli, di raccontare un paese distrutto dal cattivo governo del centrodestra, un istinto che gli fa lasciare sul terreno, come vittime, proprio i suoi amici che governano il territorio, responsabili di quelle programmazioni urbanistiche all’origine delle periferie che per Prodi sono l’anticamera della rivolta futura...». Mantovano non infierisce sul masochismo del leader dell’Unione: alle immaginifiche visioni del Professore preferisce contrapporre l’analisi della realtà italiana, di quelle politiche per l’immigrazione che in Europa, a dispetto di quello che sostiene l’opposizione, sono prese a modello, e che in Francia invece sono alla base del malessere esploso improvvisamente. «Improvvisamente no, in realtà, il disagio arriva da lontano, come autorevoli commentatori hanno scritto: nasce dal fallimento del multiculturalismo introdotto nel secondo dopoguerra». In cosa ha fallito la Francia? Nelle politiche d’integrazione. Non è la prima volta che si verificano disordini di questo tipo in Francia, ma stavolta stanno assumendo caratteristiche molto particolari, i moti si allargano dalle periferie di Parigi ad altre città, sembra profilarsi quasi una ribellione separatista in alcune zone. La Francia è arrivata a un punto di svolta, il fenomeno dell’immigrazione è antico, il paese ha un passato coloniale, la scelta fin da subito fu quella del multiculturalismo, una visione che non contempla l’integrazione ma la formazione di aree del paese a prevalente composizione di extracomunitari. Nelle città francesi ci sono interi quartieri dove sui citofoni si leggono solo nomi di cittadini arabi: sono realtà estranee al contesto occidentale, veri e propri ghetti, corpi avulsi dal contesto sociale e culturale delle città, governati da leggi morali e religiose autonome. Sono zone dove vige una sorta di autogoverno, sia nelle relazioni familiari che nella vita sociale, con scuole separate dove vanno solo musulmani, dove la donna è sottomessa: zone nelle quali il confronto è tutto all’interno di una stessa comunità chiusa e arroccata ai suoi culti.
Perché questa sorta di autogestione del
ghetto a un certo punto è esplosa nella
rivolta contro l’autorità costituita?
La risposta delle autorità
francesi ai disordini è stata
ferma e decisa. Un approccio
ai moti di rivolta che da qualcuno
è stato bollato come “di
destra”...
Perché la situazione in Italia sarebbe così
diversa da quella francese?
E l’integrazione?
Le politiche di integrazione devono fare i
conti anche con la diffidenza della gente
verso un mondo islamico che spesso si
presenta con la sua faccia più feroce...
Ma il futuro ha i contorni apocalittici dell’invasione,
soprattutto dai paesi africani:
come gestire i flussi, nell’ottica dell’integrazione,
se i numeri sono destinati
ad aumentare sempre più?
Per esempio?
Quali saranno le politiche per l’immigrazione
di un eventuale, futuro governo di
centrosinistra?
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