ALFREDO
MANTOVANO SOTTOSEGRETARIO DI STATO MINISTERO DELL'INTERNO |
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Articolo pubblicato su CORRIERE DELLA SERA (Sezione: IN PRIMO PIANO Pag. 5 ) |
Venerdì 15 novembre 2002 |
Francesco Verderami IL RETROSCENA / I timori del vicepremier: un rischio creare aspettative nelle carceri Colloqui tra Ruini e Letta, rassicurazioni per il Vaticano
ROMA - Sapevano che la giustizia era il tema più delicato, e hanno gestito la trattativa da uomini di Stato, consci che non sarebbe stato facile trovare una mediazione tra le migliaia di suppliche a cui il Pontefice ha voluto dare ancora una volta dignità, e le difficoltà della politica che non è mai riuscita a compiere un atto concreto, quel «segno di clemenza» chiesto di nuovo ieri da Karol Wojtyla al Parlamento italiano. I colloqui riservati tra Camillo Ruini e Gianni Letta dovevano servire a garantire che la forza delle parole del Pontefice non scardinasse i fragili equilibri del Palazzo. E sebbene il presidente della Cei e il segretario di Stato Sodano si fossero spesi in tal senso, il Pontefice si è voluto esprimere con chiarezza, invocando una «riduzione di pena» per i detenuti. Certo, ha tenuto conto che il nodo giustizia è motivo di asprezza tra le forze politiche, e per questo non ha parlato di provvedimenti, per non favorire l’una o l’altra parte. Ma la richiesta del Papa è stata depositata alle Camere, e con il loro applauso i parlamentari hanno preso più di un formale impegno. Almeno così spiegano autorevoli fonti, secondo cui la segreteria di Stato vaticana ha già ricevuto «assicurazioni» che il «segno di clemenza» chiesto da Wojtyla non cadrà nel vuoto. Difficile stabilire se nei loro incontri il cardinal Ruini e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio si siano spinti tanto avanti, è certo che la sortita di Berlusconi sulla grazia a Sofri e la disponibilità di Castelli all’amnistia, sono il segnale che qualcosa si muove, sebbene il problema spacchi gli schieramenti, sia sull’opportunità di procedere con atti concreti, sia sui provvedimenti da adottare.
Formalmente i due maggiori partiti dell’Ulivo sono divisi da cavilli giuridici, visto che la Quercia propende per l’indulto mentre la Margherita vorrebbe velocizzare i tempi attraverso l’indultino. In realtà questi distinguo celano i timori delle due forze politiche, soprattutto dei Ds, terrorizzati dall’impatto che avrebbe sull’opinione pubblica di sinistra un compromesso bipartisan con Berlusconi, proprio sulla giustizia. Allo stesso modo nella Cdl, An e Lega confermano la linea presa nei giorni scorsi, e la distanza che li separa da Forza Italia e centristi. E’ vero che - come dicono il ministro Gasparri e il capogruppo di An La Russa - «bisognerà dare una risposta alle parole del Papa che si muove su un piano etico», ma è anche vero che sul piano politico il vicepremier è rimasto irremovibile.
Emozionato, al termine della visita Fini ha chiesto al Papa di autografargli il discorso, ammirato dalla forza del messaggio. Epperò continua a ritenere «un errore» l’atteggiamento di chi, chiamato a gestire la cosa pubblica, non si accorge dei guasti che si producono continuando a parlare di amnistia e indulto, «soprattutto di indulto - ha spiegato ai suoi - perché questo provoca aspettative che rischiano di diventare esplosive nelle carceri. Per questo dobbiamo mantenere la nostra posizione», per questo ha chiesto che la destra voti no in Parlamento alla proposta di abbassare il quorum per l’indulto, per questo si riconosce nelle parole di Mantovano, esponente cattolico di An e responsabile per i problemi dello Stato nel partito: «Il seguito coerente alle parole del Papa sul sovraffollamento delle carceri è un piano straordinario nel settore penitenziario».
Possibile che finisca così? O c’è uno spazio tra «il segno di clemenza» chiesto da un’alta autorità morale riconosciuta dal Parlamento e la «certezza della pena» che uno Stato laico deve garantire? Forse la soluzione potrebbe trovarsi tra le ipotesi formulate ieri sera da esponenti della maggioranza: «Magari si potrebbero aumentare i casi in cui è prevista una condanna alternativa», «o si potrebbero prevedere gli arresti domiciliari per l’ultimo anno di carcere». Possibile che anche stavolta le parole del Papa cadano nel vuoto?
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