Marco Galluzzo
«Una Convenzione per le riforme»
Follini: basta scelte a maggioranza, lavoriamo con l’opposizione sul modello Ue
ROMA - «Non mi rassegno a quello che alcuni analisti definiscono come l’autunno dei moderati, al tramonto di un’idea misurata del conflitto politico. Credo che questa legislatura non debba ammainare la bandiera delle riforme costituzionali. Prendo atto che le mille strade che abbiamo cercato di percorrere sono tutte sbarrate. Per tutti questi motivi penso che una Convenzione per la riforma istituzionale, sul modello di quella europea, sia un’idea che può registrare consenso. In sintesi, qualcosa di più della Bicamerale e qualcosa di meno della Costituente». Non nasconde che la proposta, visto lo stato del confronto politico, ha un tasso di «ingenuità», ma Marco Follini non rintraccia altra strada. Per riprendere in mano il progetto delle riforme costituzionali e disegnare un nuovo assetto dello Stato, quello della Convenzione (l’organismo che in questi mesi a Bruxelles sta gettando le basi di un progetto politico di nuova Europa) è forse l’unico strumento possibile.
Come nasce l’idea?
«Una Costituente mi sembra al di là della nostra portata, un’altra Bicamerale sembra troppo poco. E la riforma a maggioranza sarebbe un girotondo del centrodestra intorno al centrosinistra. Almeno proviamo a prendere in prestito il modello europeo. Facciamo una Convenzione con rappresentanti di Parlamento, Regioni e Comuni, che disegni la nuova architettura dello Stato. Poi sarà il Parlamento a decidere se e come trascrivere questo disegno in legge costituzionale. Per rubare un’espressione a Musil sarebbe un’azione parallela. Sul piano politico ci si scontra sulla riforma fiscale, sul Patto per l’Italia e persino sul Cirami, sul piano istituzionale si cerca di lavorare insieme».
Sembra una bellissima utopia, visto lo stato del confronto politico.
«Riconosco che nella proposta c’è una buona dose di ingenuità, ma temo che la furbizia di lasciare le cose come stanno non ci porti lontano».
Perché dovrebbe riuscire questo sforzo di dialogo visto che tutti gli altri finora sono falliti?
«All’origine di tutto ci deve essere una volontà politica. In questi anni è stata troppo intermittente per condurre a buon fine le nobili intenzioni di riordino dello Stato. La proposta che avanzo è una manifestazione anzitutto di volontà politica, un modo di dire che l’argomento non può finire nel dimenticatoio. Fra tanti percorsi sperimentati senza successo mi sembra il meno difficoltoso».
Non riuscite a mettervi d’accordo su alcuni articoli del Codice di procedura penale, figuriamoci sull’assetto dello Stato futuro.
«Sull’assetto dello Stato vi sono opinioni diverse anche dentro i due schieramenti. Se riteniamo che le riforme si debbano fare mettendo insieme opinioni diverse occorre anche trovare un luogo di confronto, un po’ più appartato. L’unica altra strada è quella di andare avanti a colpi di maggioranza, come da cattivo esempio dell’Ulivo, nella scorsa legislatura. E poi un organismo di questo tipo avrebbe il vantaggio di aprire un processo di ascolto. Una riforma nasce nel confronto con quella che una volta si chiamava un po’ enfaticamente società civile, con l’associazionismo, gli ambienti economici, tutti i soggetti interessati a un miglioramento della macchina dello Stato. Né più né meno di ciò che Stoiber propone che possa avvenire in Germania, dopo il 22 settembre».
Luciano Violante dice che il centrodestra è incapace di affrontare un reale confronto politico.
«Se volessi rispondere dovrei dire che il centrosinistra è affetto da sindrome girotondista. E che molti di loro si dispongono a seguire una piazza che è nata da un atto di contestazione della loro leadership. Ma è meglio scendere tutti dalle barricate».
D’Alema non va in piazza. Una «distanza» di buon auspicio per un progetto di dialogo?
«Apprezzo la scelta. Ma non vedo perché debba condire la sua assenza, che conta, con un giudizio positivo sui girotondi che sa tanto di circostanza. Avrei preferito che, fedele al suo carattere, avesse fatto uno strappo all’etichetta».
La moratoria sulle riforme in tema di giustizia lanciata da Mantovano: è d’accordo?
«Se la proposta di Mantovano allude alla necessità che, superata la Cirami, ci sia sulla giustizia un disegno complessivo, di ampio respiro, sono d’accordo. Se il discorso è sul metodo credo che l’organicità sia sempre preferibile rispetto allo spezzettamento dei provvedimenti».
La legge Cirami ?
«Cirami non è Beccaria, ma ha fatto una buona legge».
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