In Lombardia e Lazio il maggior numero di pratiche, a Brindisi appena 320. Il sindacato: il 20 per cento degli extracomunitari resterà fuori
Immigrati: chiusa la sanatoria, via ai controlli
Presentate 550 mila domande. Mantovano: indagini sulle imprese che non hanno fatto emergere il lavoro nero
ROMA - Il numero esatto sarà reso noto nelle prossime ore. Ma dalle cifre parziali in possesso degli uffici postali arriva la conferma: la sanatoria che si è conclusa ieri a mezzanotte conterà all’incirca 550 mila domande. Vale a dire che, una volta effettuata la selezione e avere escluso doppioni e dossier fasulli, non saremo molto lontani dal mezzo milione di immigrati regolarizzati. Ma il sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano avverte che, se gli errori formali contenuti nei moduli presentati, «saranno perdonati», da oggi scatteranno controlli a tappeto in tutta Italia alla caccia dei datori di lavoro che non hanno fatto emergere gli occupati in nero. A partire da province come Brindisi dove è stato presentato un numero «sospetto» di domande perché troppo esiguo.
LOMBARDIA IN TESTA - In Lombardia le domande sono oltre 120 mila: un record. Al secondo posto c’è il Lazio e in particolare Roma, dove prevalgono le pratiche di messa in regola di colf e badanti. Un dato in controtendenza rispetto a quello nazionale: in Italia, fino alla vigilia della scadenza, fonti del Viminale davano per prevalenti i dossier di regolarizzazione per gli immigrati dipendenti di imprese (quasi il 60 per cento del totale). Dato che dovrebbe confermarsi nella conta finale.
ALLARME CAPORALATO - Da oggi scatta l’operazione controlli. Il sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano fa sapere che questa volta le verifiche verranno effettuate a tappeto nei luoghi più «sensibili» al lavoro nero, come i cantieri edili, le piccole imprese e in generale il mondo agricolo. E anche in alcune province che avrebbero presentato un numero di domande di gran lunga inferiore rispetto alle previsioni: «Non pare credibile che a Brindisi siano stati aperte solo 320 pratiche. Viene subito da pensare al potere del locale caporalato, fenomeno che abbiamo intenzione di colpire a partire dai prossimi giorni». Le sanzioni sono severe: multe da 5 mila euro e reclusione da tre mesi ad un anno. Sarà diverso, invece, l’approccio con chi si è reso colpevole solo di errori formali, come spiega Mantovano: «Controlleremo le pratiche e metteremo da parte quelle che sono incomplete o contengono errori. Ma ciò non vuol dire che saranno eliminate: le persone interessate verranno chiamate per chiarimenti. L’importante è la sostanza: se esiste un effettivo rapporto di lavoro si possono benissimo sanare anche i difetti burocratici».
RICHIESTE DI PROROGA - C’è chi la chiede per la sanatoria, come la Caritas e il presidente delle Acli Luigi Bobba, «visti i problemi rimasti aperti». C’è, invece, chi la invoca per la circolare che concede un permesso di soggiorno di sei mesi all’immigrato che denuncia il datore di lavoro non disposto a regolarizzarlo. E che è scaduta ieri. Su questo fronte sono i sindacati a dare battaglia. La Uil azzarda anche una stima di quanti extracomunitari resteranno fuori della sanatoria: «Almeno il 20 per cento, in gran parte lavoratori della ristorazione e dell’edilizia».
L’INPS - Una cosa è certa: la maxi-regolarizzazione farà bene alle casse dell’Inps. L’istituto di previdenza finora ha già visto affluire nei suoi depositi 371 milioni di euro, ma soprattutto in futuro potrà contare sui contribuiti di mezzo milione di nuovi lavoratori. Anche le Poste hanno guadagnato dalla sanatoria effettuata ai loro sportelli: 39 milioni di euro grazie al contributo spese.
L’ATTESA - Molte prefetture e questure sono indietro rispetto alle procedure online promesse all’inizio della sanatoria. Se le prime chiamate agli uffici territoriali per stipulare il contratto di lavoro e ottenere il permesso di soggiorno si dovrebbero registrare a fine mese, le ultime potrebbero anche arrivare in tarda primavera. E c’è chi, come il diessino Calvisi, paventa un rischio «sans-papier» anche in Italia, se l’attesa dovesse essere troppo lunga.