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ROMA - Mentre in Italia continua a infuriare la battaglia trasversale tra favorevoli e contrari al voto degli immigrati, a Strasburgo l’Udc, con una mossa a sorpresa, chiede alla Commissione europea di occuparsi della materia. Romano Prodi, è vero, ha già dichiarato di essere favorevole, in prospettiva, anche al voto politico per gli extracomunitari. Ma da ieri si trova davanti a una precisa risoluzione, presentata al Parlamento Europeo dagli europarlamentari dell’Udc Brienza, Gemelli, Lombardo e Pastoretti, con la quale si chiede l’individuazione di «modalitá uniformi» che riguardino «l’esercizio al diritto di voto alle elezioni amministrative per i cittadini dei Paesi terzi residenti nel territorio di uno degli Stati membri e che dispongano di un permesso di soggiorno o di residenza». In altre parole si chiede a Prodi, qualora la risoluzione venisse approvata, una direttiva che vincoli i singoli Paesi dell’Unione sulla delicata materia.

La mossa dell’Udc, da una parte, sembra avere l’obiettivo di blindare l’orientamento favorevole al voto agli immigrati, dall’altra, ha l’effetto di allargare la responsabilità di una nuova legge a Bruxelles. Intanto continua a marciare la proposta di An che, secondo l’annuncio di Gianfranco Fini, venerdì dovrebbe essere presentata in Parlamento, forse sia alla Camera che al Senato. Ieri un tavolo ristretto del partito ha lavorato sul testo cominciando a dargli corpo. Prima di tutto arriva la conferma che si tratterà di un disegno di legge di riforma costituzionale che riguarderà modifiche all’articolo 48 della Carta. Il diritto di voto alle elezioni amministrative sarà concesso ai cittadini extracomunitari che abbiano alle spalle un periodo di «lunga permanenza» sul territorio italiano, compreso nella forbice dai 6 agli 8 anni. Sembrerebbe al momento escluso l’elettorato passivo.

Oltre alla «lunga permanenza», gli altri criteri che consentiranno agli immigrati di poter votare per gli amministratori locali - come annuncia il responsabile immigrazione di An, Giampaolo Landi di Chiavenna - sono il lavoro, l’alloggio, l’assenza di precedenti penali e una certa capacità contributiva. Ma non si parla di possibilità di voto anche per le politiche. La bozza del provvedimento su cui si sta lavorando in queste ore dovrebbe essere oggetto di discussione questa sera in un vertice di An a cui parteciperanno il coordinatore, Ignazio La Russa, i capigruppo di Senato e Camera, Nania e Anedda, Landi di Chiavenna e i due sottosegretari all'Interno e agli Esteri, Mantovano e Mantica.

La polemica sull’argomento resta comunque aspra all’interno della maggioranza. Non solo per l’opposizione netta della Lega ma anche per lo scetticismo nutrito sulla materia da alcuni esponenti di Forza Italia. Ieri il vicepresidente del Senato Roberto Calderoli ha parlato di «centralismo criminale» accusando i promotori dell’iniziativa di «fare i furbi» perché «prima o poi cercheranno di passare dal voto amministrativo a quello politico». Mentre il capogruppo alla Camera Alessandro Cè ha attaccato il coordinatore di An Ignazio La Russa che aveva ironizzato sull’«agitazione» di Umberto Bossi: «Parla, parla pure. Fatti male da solo». Ma a prendersela con La Russa è anche il vicepresidente del gruppo di Forza Italia alla Camera Isabella Bertolini: «Non può parlare a nome nostro per far passare una legge i cui contenuti non sono ancora molto chiari e che comunque non era nel programma della Casa delle Libertà. Con tutte le emergenze che deve affrontare il Paese la questione posta con tanta enfasi da An non è certamente prioritaria». E il centrosinistra comincia a dividersi tra chi, come Rifondazione Comunista, Margherita e Ds, si mostra disponibile a confrontarsi con la proposta di An e chi, come il Pdci e i Verdi, sostiene che si tratta solo di un bluff.