ALFREDO
MANTOVANO SOTTOSEGRETARIO DI STATO MINISTERO DELL'INTERNO |
Interventi sulla stampa |
Articolo pubblicato su CORRIERE DELLA SERA (Sezione: IN PRIMO PIANO Pag. 3) |
Venerdì 15 gennaio 2005 |
di MASSIMO FRANCO
Il governo non esclude un’astensione pilotata
Ufficialmente, sopravvive la tesi di una modifica in Parlamento. Di fatto, la sentenza emessa ieri dalla Corte costituzionale apre la corsa al referendum per l’abrogazione della legge sulla procreazione assistita. E dietro posizioni frastagliate, già si indovina un possibile epilogo: una campagna in extremis del governo per l’astensione, che impedirebbe di raggiungere il quorum e farebbe restare in vigore le norme attuali. E’ il prezzo politico, accusa l’opposizione, che Silvio Berlusconi è deciso a pagare alle gerarchie ecclesiastiche. Nel centrosinistra, invece, sembra prevalere la spinta a sostenere i quattro referendum su cinque ammessi dalla Consulta. La prospettiva crea problemi a entrambi gli schieramenti. I prodiani accreditano un Ulivo lacerato da una questione che tocca la coscienza individuale e le convinzioni religiose. Hanno paura che una campagna referendaria incorniciata dalle elezioni regionali evochi quella «sindrome Zapatero» che in Spagna, dopo le iniziative legislative del premier socialista, ha riallargato il fossato fra la Chiesa cattolica e la sinistra. Ma il resto dell’opposizione è liquidatorio: vuole cancellare una legge bollata come «brutta e retrogada». E Rc guida il coro. Anche la maggioranza, però, alla fine punta al referendum. «Non ci sono né tempi tecnici né condizioni politiche per cambiare», ammette il coordinatore di FI, Sandro Bondi. «E meno male», aggiunge Alfredo Mantovano, di An. Il timore è che una modifica parlamentare spacchi la coalizione e peggiori le cose. Ma soprattutto, dietro la scelta del fronte berlusconiano si scorge una Cei decisa a difendere i princìpi della legge; e fiduciosa che il referendum sarà un boomerang per i promotori. E’ un approccio incoraggiato anche dal risultato delle presidenziali in Usa, giocate sui valori etico-religiosi. Un effetto della sentenza della Corte c’è già: ha archiviato il dialogo elettorale fra governo e radicali. La pattuglia di Marco Pannella ha tuonato contro la Consulta che ha bocciato il quesito sull’abrogazione totale. E subito l’Udc ha fatto sapere che c’è «incompatibilità» con quel partito. Rimane da capire se alla fine nei due schieramenti soffierà un vento passatista e speculare, «da Anni Settanta-Ottanta». Ma soprattutto, pesa l’incognita di una «strategia dell’astensione», per ora inconfessabile. Sotto voce, il governo non esclude che una settimana prima del voto, fra il 17 aprile e il 12 giugno, scatti un passaparola per disertare le urne. Se non si raggiungesse il quorum, la consultazione sarebbe nulla. Per questo, a sinistra c’è chi propone di unificare regionali e referendum. Si vuole evitare che la stanchezza elettorale e l’arrivo dell’estate rendano inservibile uno strumento di democrazia diretta già logorato; e diano a Berlusconi una vittoria insperata.
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