ALFREDO
MANTOVANO SOTTOSEGRETARIO DI STATO MINISTERO DELL'INTERNO |
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Articolo pubblicato su CORRIERE DELLA SERA | Giovedì 14 marzo 2002 |
Dino Martirano
Fini: giro di vite sui permessi ai detenuti
ROMA - Gianfranco Fini lo aveva promesso in campagna elettorale e ora, da vicepremier, chiederà un giro di vite sui benefici penitenziari (legge Gozzini) e sulla possibilità di ottenere pene alternative al carcere (legge Simeone-Saraceni). Fini ha fretta e per questo sollecita «misure restrittive». Ma poi nomina solo indirettamente la normativa sui collaboratori di giustizia che pure è alla base della «liberazione immorale» dei killer «pentiti» di Giovanni Falcone, compreso quel Santino Di Matteo detto «Mezzanasca» che ora può circolare per le strade di Altofonte in attesa che il 30 maggio - a dieci anni dalla strage di Capaci - si pronunci la Cassazione. Così, cogliendo l’opportunità che gli offre anche un altro caso clamoroso (gli assassini della Uno Bianca in procinto di chiedere un permesso per uscire dal carcere), Fini ha deciso di porre il problema dell’«effettività della pena» al consiglio dei ministri che si riunisce oggi a Palazzo Chigi: «La modifica in senso restrittivo delle leggi premiali, della Gozzini e della Simeone è un impegno cui il governo non può più sottrarsi». E stamattina si vedrà come reagisce il Consiglio: «Sono certo del pieno sostegno del presidente Berlusconi , del ministro Castelli e di tutto il governo». Ma il Guardasigilli si è già mostrato prudente sul caso dei killer di Falcone: «E’ stata applicata la legge del ’91 sui "pentiti". E, grazie ai benefici previsti da quella legge, nel tempo sono state rimesse in libertà sei persone che con il loro pentimento hanno portato alla condanna all’ergastolo di altre 29 persone coinvolte nella vicenda e che tuttora sono in carcere». Conclude Castelli: «Si deve valutare a mente fredda e non sull’onda delle emozioni». I BENEFICI - La proposta di Fini, però, resta. E potrebbe ricalcare gli emendamenti che An presentò al «pacchetto sicurezza» dell’Ulivo. Nel 2000, Alfredo Mantovano (ora sottosegretario all’Interno) propose un meccanismo che aumentava gli anni di carcere obbligatori prima di consentire al condannato di chiedere l’accesso al beneficio. Oggi, i permessi temporanei e l’«articolo 21» (lavoro esterno) si possono ottenere dopo aver scontato un terzo della pena, salvo le eccezioni per i reati gravissimi e i delitti di mafia introdotte proprio dopo le stragi del ’92. In questo elenco, An vorrebbe inserire violenza sessuale, traffico di droga, rapina e furto con aggravanti. Invece, sulla «Simeone-Saraceni» (pene alternative al carcere per le condanne sotto i tre anni), la posizione di Fini è quella di creare un filtro più severo prima di concedere la sospensione. I PENTITI - Il sottosegretario Mantovano, che presiede la commissione sui collaboratori di giustizia, dice che non c’è motivo per modificare la nuova legge sui pentiti: i killer di Falcone che hanno collaborato «sono usciti in base al precedente regime che era meno rigoroso». Ma su questo tema la polemica non si placa. Maria Falcone commenta così la libertà restituita agli assassini di suo fratello: «Non esiste giustizia in questo Paese». Anche Cesare Salvi (Ds) è di questo parere: «Bisogna rivedere le norme sui pentiti». Ma il presidente dell’Antimafia, Roberto Centaro (FI), ricorda che «buona parte della legge fu scritta proprio da Falcone: e se il contributo del collaboratore è straordinario, questo che abbiamo sotto gli occhi è il prezzo da pagare alle indagini».
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