ALFREDO
MANTOVANO SOTTOSEGRETARIO DI STATO MINISTERO DELL'INTERNO |
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Articolo pubblicato su CORRIERE DELLA SERA (Sezione: IN PRIMO PIANO Pag. 6 ) |
Venerdì 15 novembre 2002 |
Virginia Piccolillo Castelli: decida il Parlamento, ne prenderò atto
ROMA - Il Papa torna a chiedere clemenza. Le forze politiche plaudono ma si dividono. Come nel 2000. Ma a ruoli invertiti. Il centrosinistra, che all’epoca propose un’amnistia, ora respinge l’ipotesi schierandosi piuttosto per un indulto condizionato e revocabile. Il Polo, che allora bocciò il provvedimento che cancella i reati, ora si mostra possibilista. Il ministro della Giustizia, Roberto Castelli, che, sulle pagine del Corriere della Sera si è detto favorevole a un’amnistia intesa però come «atto di pacificazione tra politica e magistratura», rimette al Parlamento la scelta: «Se verrà un indulto o un’amnistia ne prenderò atto». I centristi premono per quest’ultima, ma stavolta estesa anche ai reati di Tangentopoli. Mentre Forza Italia si allinea con il premier: favorevole alla clemenza, sul metodo «si vedrà». Anche se si moltiplicano le prese di posizioni degli azzurri in favore di un possibile indulto che, secondo Carlo Taormina, «potrebbe passare in tempi brevi anche con la maggioranza dei due terzi del Parlamento». Tuttavia resta ancora ferma l’opposizione di molti esponenti della Lega e di An contro un provvedimento che tradirebbe l’annunciata «tolleranza zero» nei confronti della microcriminalità. Il sottosegretario all’Interno di An, Alfredo Mantovano, taglia corto: «Meglio un piano straordinario di edilizia penitenziaria che l’indulto». I detenuti, comunque, già esultano. E Adriano Sofri, che suo malgrado ha dato il via al dibattito sull’emergenza carceri, dichiara: «Il Papa è andato oltre le aspettative, non solo ha chiesto un gesto di clemenza, ma ha indicato anche la strada, la riduzione della pena. Di più non si poteva chiedere». CASTELLI - Stavolta a prendere l’iniziativa non sarà il ministro della Giustizia. Castelli, che dopo essersi inginocchiato per il saluto di rito di fronte al Pontefice ha ricevuto da lui qualche parola in più, dichiara: «Da cristiano e cattolico non posso non condividere i contenuti del discorso del Papa, ma da ministro ragiono diversamente». «Il ministro - spiega più tardi Castelli - è tenuto a garantire la sicurezza dei cittadini da un lato, e una detenzione che non sia lesiva dei diritti umani dall’altro». La decisione «compete al Parlamento» e, ricorda, richiede la maggioranza dei due terzi. Se ci sarà ne prenderà atto. «Nel frattempo devo fare il mio mestiere» avverte il ministro-ingegnere: «Evitare il sovraffollamento, con misure di carattere infrastrutturale» o «più rapidamente efficaci». Quali? «Abbiamo 17 mila detenuti extracomunitari - sottolinea -, una via che si poneva era verificare la possibilità di inviarli nel loro Paese d’origine».
INDULTO NATALIZIO - Se ne comincerà a parlare dalla settimana prossima in commissione giustizia: affrontando la proposta Buemi-Pisapia che prevede uno sconto di pena di tre anni, revocabile. Ma sta nascendo un partito trasversale favorevole a un provvedimento analogo, però con forti limitazioni come propongono i suggerimenti dei Ds e della Margherita. «I tempi sembrano ormai maturi per una decisione condivisa anche da forze di orientamento diverso», dice Guido Calvi, capogruppo ds in commissione Giustizia. La novità è tutta nel crescente consenso all’indulto da parte di Forza Italia: alla proposta già presentata da Carlo Taormina (Fi) ieri si è aggiunta quella del senatore azzurro Mario Greco. Taormina è sicuro: «I numeri ci sono. E se inquadrato in una certa strategia carceraria, anche An e Lega potrebbero dire sì. In tal caso sarebbe legge prima di Natale».
I CONTRARI - Se i ministri di An Alemanno e Gasparri aprono a possibili «riflessioni», a guidare il fronte del «no» è lo stesso sottosegretario Mantovano. «Abbonare qualche anno di reclusione dà respiro per qualche mese - sottolinea il responsabile dei problemi per lo Stato di An - salvo poi ritrovarsi nelle stesse condizioni di partenza». Ancora più duro il capogruppo della Lega alla Camera, Alessandro Cè, che definisce un provvedimento generalizzato «estremamente dannoso per la sicurezza».
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