ROMA - Marco Pannella vorrebbe tanto che la mobilitazione per il «sì» ai referendum sulla fecondazione assistita portasse a qualcosa di grande, magari una manifestazione a San Giovanni. E, insieme con la Bonino, ha scritto una lettera ai Ds. Ma la Quercia, riunita ieri in consiglio federale, ha accettato soltanto di accelerare la mobilitazione. Sulla megamanifestazione, in questa assemblea che si è svolta ieri al teatro Eliseo, i dubbi sono infatti più di uno.
IN PIAZZA - Certo, la tentazione è grande, ma sono tante anche le controindicazioni, come spiega Lanfranco Turci, uno dei diessini più attivi nella campagna referendaria: «Prima di tutto un appuntamento del genere vorrebbe dire spendere un bel po’ di energie organizzative che invece si possono concentrare nelle diverse regioni, per raggiungere tutti i cittadini. Ma soprattutto fare una manifestazione a San Giovanni, simbolo da sempre della sinistra, farebbe storcere il naso a molti che nel centrodestra hanno aderito alla nostra battaglia. Come Gianfranco Fini e Stefania Prestigiacomo. Puntiamo piuttosto a mobilitarci in cento piazze di cento città».
E sembra proprio questa la linea prevalente dei Ds, ribadita anche da altri interventi, di fronte alla lettera distribuita ieri da Marco Cappato e da altri Radicali all’inizio del consiglio federale: lotta dura, ma al tempo stesso consapevole del contesto in cui si lotta e degli alleati che si hanno. Non solo: Piero Fassino fa anche presente che «all’interno del partito c’è anche chi vota due "sì" e due "no"», che insomma non c’è unanimismo. Anche se l’invito è quello di andare comunque alle urne: «Meglio votare scheda bianca che astenersi». E soprattutto il segretario della Quercia fa presente che «anche se non si riuscisse a ottenere il quorum la legge andrebbe rivista». Perché «sarebbe un evento non equiparabile a una vittoria dei "no"». Insomma, un arrivederci, comunque, in Parlamento. Come vorrebbero in tanti nel suo partito, a partire da Giuliano Amato.
ASTENSIONE - Dal fronte degli astensionisti arriva invece un nuovo affondo di Alfredo Mantovano (An), proprio sul fatto che «il mancato quorum sarebbe uno smacco per i diessini». Perché si tratterebbe del partito fautore, «oltre che della piena egemonia dentro l’Unione, anche di una rivoluzione sociale di stile zapaterista».
E anche il ministro della Giustizia Roberto Castelli torna all’attacco ribadendo la posizione del suo partito: «Non bisogna andare a votare, noi non ci andremo perché riteniamo che la legge vada bene così com’è. È chiaro che su un tema del genere non si può negare la libertà di coscienza, però la grande maggioranza dei leghisti è convinta in coscienza che bisogna fare cosi».