L’INTERVISTA / Il sottosegretario di An: nuove quote di ingresso, gli industriali chiedono 200 mila persone
ROMA - «L’immigrazione è un fenomeno che si può governare ma non arrestare. Ecco perché sono favorevole a nuove quote di ingresso: se non si procederà in questa direzione avremo solo nuova clandestinità e nuovi rischi per le vite umane». Alfredo Mantovano (An) ha idee precise sulla presenza degli extracomunitari in Italia. E davvero non coincidono con quelle della Lega. Dopo l’avvio della regolarizzazione di 700 mila persone fra pochi giorni sarà firmato un decreto per aprire le porte ad altri 19.500 immigrati che andranno ad aggiungersi a 60 mila stagionali. In tutto poco meno di 80 mila ingressi per il 2003. Troppo pochi per il sottosegretario all’Interno: «Gli industriali ne chiedono oltre 200 mila: non so se è una cifra giusta, ma certamente avremo bisogno di aprire di più le frontiere».
La Lega continua a protestare contro il decreto anti-sbarchi e se la prende con Giuseppe Pisanu.
«Il Carroccio deve capire che non esistono soluzioni taumaturgiche immediate. Quand'anche fosse possibile fermare un'imbarcazione senza mettere a repentaglio la vita dei clandestini, esistono altri problemi concreti da risolvere come quello legato all’impossibilità, per la maggior parte dei casi, di riportare le carrette del mare ai porti dai quali sono partiti».
Non è un cedimento rispetto alla linea di fermezza della maggioranza sull’immigrazione?
«Tutte le convenzioni internazionali stabiliscono giustamente che occorre mettere le vite umane al primo posto. Ma questo è il punto: occorre riconoscere che è fallita una politica di lotta alla clandestinità basata solo sul contrasto in mare. Occorre pensare a prospettive di medio e lungo termine».
Quali?
«È necessario avviare una seria programmazione dei flussi di ingresso. Perché la Bossi-Fini è certamente più rigorosa della normativa precedente, ma non mette in discussione l’immigrazione in quanto tale come sembra fare invece la Lega: credere che si possa arrestare il fenomeno non è solo sbagliato, ma irreale, perché ci accompagnerà ancora per chissà quanti decenni».
Ma qualcosa si può comunque fare.
«Il passaggio fondamentale è in questo momento rappresentato dagli ingressi regolari. A mio giudizio rappresentano l’arma più efficace per combattere la clandestinità. Se abbiamo legato il soggiorno al contratto di lavoro dobbiamo permettere che i cittadini stranieri possano essere assunti. Quindi dobbiamo farli entrare attraverso il meccanismo delle quote».
Per gli industriali ci vorrebbero solo per quest’anno oltre 200 mila immigrati.
«Non so se la cifra è giusta, ma certamente in Italia c’è bisogno di un numero di lavoratori stranieri più alto degli 79.500 previsti per il 2003, oltretutto a maggioranza stagionale. Quella cifra è la stessa dell’anno scorso perché fino a quando non si elabora il piano triennale promesso non si può andare oltre. E a questo punto si tratta di una priorità».
Per la Lega sono altre le priorità, ad esempio i regolamenti di attuazione della Bossi-Fini.
«Invece occorre dare la precedenza alle nuove quote di ingresso: è miope bloccare le frontiere. Per tanti motivi. Prima di tutto perché la povertà di certi Paesi continuerà a esistere. E poi perché non si possono fermare certi settori della produzione legati al lavoro extracomunitario. In altre parole, più che alle motovedette è importante pensare ai flussi di ingresso regolare. Anche perché se si stabilisce che un Paese potrà avere una quota riservata di 10 mila persone farà di tutto per impedire che dal suo territorio partano nuovi clandestini: altrimenti l’accordo salterebbe».