ALFREDO
MANTOVANO SOTTOSEGRETARIO DI STATO MINISTERO DELL'INTERNO |
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Articolo pubblicato su CORRIERE DELLA SERA (Sezione: IN PRIMO PIANO e Pag. 5 ) |
Lunedì 27 ottobre 2003 |
Gianna Fregonara LA POLEMICA SUL CROCIFISSO
Crocifisso «vietato», Castelli ordina un' ispezione
ROMA - Finisce sotto giudizio la sentenza del giudice di L’Aquila: se ne occuperanno gli ispettori del ministero della Giustizia. Dovranno stabilire se la decisione sia «abnorme» e dunque il giudice che ha stabilito che il crocifisso va staccato dalle pareti delle aule scolastiche meriti «una sanzione disciplinare». Lo ha annunciato ieri il ministro Roberto Castelli, nel mezzo della polemica politica, che già si è estesa al protagonismo e all’ansia «di onnipotenza» di certi magistrati (parole di Alfredo Mantovano, di An) e, nel centrodestra, alla questione dei diritti degli immigrati. E’ scontato che la sentenza riscuota quasi unicamente condanne politiche: «Una decisione che compromette il dialogo religioso (Tajani, Forza Italia), «Un delirio abominevole» per Maurizio Gasparri (An), una sentenza «che non ha nulla a che vedere con la laicità dello Stato» per Marco Follini (Udc), «Una forzatura che non aiuta l’Islam» per Livia Turco e il sindaco di Roma Walter Veltroni(Ds), una sentenza «priva di intelligenza» per Pierluigi Castagnetti (Margherita), un giudizio sbagliato che «potrebbe avere un effetto boomerang» per Paolo Cento (Verdi). Si sente «offeso come cristiano e come cittadino» il ministro dell’Interno Beppe Pisanu, che mette a fuoco il rischio di strumentalizzazioni che minino «la convivenza tra religioni e culture diverse, che si basa sul reciproco rispetto e comporta l’affermazione di ogni identità e non l’umiliazione di alcuna di esse alle pretese altrui». Il ministro parla di Adel Smith, autore del ricorso contro il crocifisso, come di «un noto provocatore», frase che gli vale la querela dell’interessato. Il ministro dell’Istruzione Letizia Moratti si riserva di ricorrere in appello contro la sentenza, Margherita Boniver chiede l’intervento di Ciampi e il vicepresidente del Csm Virginio Rognoni si dice «disorientato e preoccupato» rimandando ai prossimi giorni un giudizio più esteso. I vescovi, per bocca del presidente della Cei Camillo Ruini, parlano di una decisione sorprendente e difendono il «crocifisso come simbolo dell’anima profonda del nostro Paese e di identità della nostra nazione». Durissimo e preoccupato è anche il vicepremier Gianfranco Fini che definisce assurda la decisione «di un magistrato in cerca di notorietà», che «offende i sentimenti della stragrande maggioranza degli italiani» e sembra fatta «apposta per offrire argomenti a chi contesta la possibilità di una convivenza pacifica e di integrazione nella nostra società». E infatti dentro e fuori il suo partito scoppia subito la polemica che investe la svolta sul voto agli immigrati impressa alla politica della destra proprio dal presidente di An poche settimane fa. Francesco Storace punta il dito, «con indignazione», contro la sentenza e collega le due questioni: «Questo Paese rischia di fare passi indietro: mi chiedo se in altri Paesi noi possiamo non dico pregare ma almeno votare». Ma il capogruppo di An Gianfranco Anedda invita a tenere distinta la sentenza dal voto agli immigrati. Maurizio Ronconi, senatore dell’Udc, insiste: «In molti troppo frettolosamente avevano manifestato la disponibilità a concedere il voto agli immigrati, una proposta che risulta fuori tempo». Parole simili a quelle del leghista Mario Borghezio che prende di mira «la politica molliccia di Fini verso le crescenti pretese degli immigrati»: la Lega nei mesi scorsi aveva presentato una proposta di legge per estendere l’obbligo di esporre il crocifisso in tutti gli uffici pubblici. E anche Fabrizio Cicchitto, numero due di Forza Italia, invita a riflettere bene sui temi che riguardano l’integrazione per evitare di prendere decisioni di cui pentirsi. Più esplicito di lui è Francesco Giro, responsabile dei cattolici di Forza Italia, che parla addirittura di un «macigno sulla proposta di Fini».
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