ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su CORRIERE DELLA SERA Mercoledì 27 febbraio 2002

Marco Galluzzo

SOTTOSEGRETARIO

Mantovano: nessuna connessione tra i cortei e gli attentati


 

ROMA - Per Alfredo Mantovano, sottosegretario all’Interno con delega alla sicurezza, l’attentato « è certamente un segnale» diretto al governo: «I primi accertamenti ci dicono che si è trattato di un gesto dimostrativo, tutti i dati obiettivi vanno in questa direzione: l’ora della notte, la strada poco frequentata, la carica non particolarmente dirompente dell’ordigno. Non vi era l’intenzione di ledere, ma è un segnale grave perché viene fatto nei confronti del Palazzo dove lavora chi coordina la sicurezza della Nazione».

Due giorni fa lei ha escluso un nesso fra suggestioni violente e manifestazioni di piazza antigovernative. Conferma?
«Un conto è la sostanza politica del messaggio che viene da queste manifestazioni, un messaggio contro, non propositivo, che rintraccia nella via carceraria la panacea dei presunti mali dell’amministrazione politica attuale. Un conto è dire che questo messaggio ha una carica eversiva. D’altra parte è significativo che un certo genere di manifestazioni si svolgono a Milano e non a Napoli».

In che senso?
«A Napoli l’opinione pubblica è più sensibile a temi come l’occupazione e l’ordine pubblico, piuttosto che al desiderio di mettere in carcere Berlusconi».

Alcuni esponenti di governo però continuano a rintracciare una relazione fra l’estremismo verbale di riunioni come quella del Palavobis e rischi di eversione.
«Io credo che la sicurezza sia un bene di tutti, che deve stare a cuore a tutti, qualunque sia lo schieramento di appartenenza. Nei momenti difficili la cosa peggiore da fare è strumentalizzare certi episodi, soprattutto se non esistono elementi obiettivi per istituire connessioni. Io preferisco verificare i fatti concreti prima di indicare anche soltanto delle ipotesi».

Si annunciano altre grandi manifestazioni contro il governo, dal corteo dell’Ulivo allo sciopero generale proclamato dalla Cgil.
«Esiste il diritto di manifestare liberamente la propria opinione. E come in qualsiasi altra manifestazione con migliaia di persone verranno predisposte tutte le necessarie misure per isolare qualsiasi frangia violenta. In ogni caso credo che Genova abbia insegnato qualcosa a tutti e che non sia interesse di nessuno, tantomeno dei sindacati, che ci sia anche il minimo cenno di violenza».

Ha in mente una matrice particolare dell’attentato?
«No, e anche se l’avessi non la riferirei».

Concentrati sul terrorismo internazionale avete trascurato fenomeni interni?
«Non credo. Prima e dopo Genova tutti i gruppi antagonisti più violenti, quelli al limite dell’eversione, sono stati sottoposti a un serio monitoraggio. Non c’è sottovalutazione».

E’ un dato però che per altri attentati di questo genere, verificatasi negli ultimi anni in Italia, i risultati investigativi non siano stati eccellenti.
«Questo è vero, ma il dato va decifrato. Può darsi che la materia su cui intervenire non sia consistente come nel caso del terrorismo internazionale. I risultati non dipendono necessariamente dal livello di attenzione che si presta a un fenomeno. E del resto le indagini sul terrorismo di matrice islamica non sono certamente iniziate l’11 settembre».

Qualcuno richiama la strategia della tensione.
«Ho memorie molto datate della strategia della tensione, ma mi ricordo che venivano uccise delle persone, e anche quando si volevano lanciare solo dei messaggi erano molto più dirompenti dell’attuale. Le caratteristiche di questo attentato sono simboliche».


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