ALFREDO
MANTOVANO SOTTOSEGRETARIO DI STATO MINISTERO DELL'INTERNO |
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Articolo pubblicato su CORRIERE DELLA SERA (Sezione: Cronache Pag. 19) |
Martedì 29 novembre 2005 |
Dino Martirano
L'ipotesi di Grazia   E Castelli può prendere tempo: ora è tutto congelato
ROMA - Il 19 giugno, a Pontida, il Guardasigilli fu categorico: «Non firmerò mai l’atto di grazia per Adriano Sofri perché noi stiamo con Abele, che è Calabresi». Un giudizio, quello espresso dal leghista Roberto Castelli, che non cambia. Una «sentenza» definitiva che prevede un’unica via d’uscita dal vicolo cieco in cui si è cacciato il titolare di Via Arenula: la decisione della Corte Costituzionale che, entro i primi mesi del 2006, potrebbe risolvere il conflitto sul potere di concedere la grazia a favore del presidente della Repubblica escludendo, così, il diritto di veto esercitato dal ministro della Giustizia. Castelli e la Lega non cambiano idea neanche davanti alle gravi condizioni di salute del detenuto Sofri, conferma il capogruppo del Carroccio in commissione Giustizia, l’onorevole Carolina Lussana, che è in continuo contatto con il ministro: «Pur comprendendo il caso umano è comunque inutile parlare di grazia perché il ministro è già stato molto chiaro sulla vicenda». Castelli, finché sarà ministro e in assenza di una pronuncia della Consulta sul conflitto sollevato da Ciampi, non controfirmerà mai il provvedimento di grazia per Adriano Sofri. Il ministro, dunque, va dritto per la sua strada: «Parlerò a suo tempo», ha detto ieri sera uscendo dal quartier generale della Lega di via Bellerio dove aveva visto anche Umberto Bossi. «Parlerà a suo tempo», conferma l’onorevole Lussana, quando la Corte Costituzionale prenderà la sua decisione. Intanto la sospensione della pena di sei mesi, concessa a Sofri dal magistrato di sorveglianza, concede al ministro un finale di legislatura senza l’assillo di essere considerato l’unico responsabile del veto assoluto sull’atto di clemenza per l’ex leader di Lotta continua. Al ministero della Giustizia, infatti, fanno notare che una prassi consolidata non prevede avanzamenti dei fascicoli con le istruttorie sulle pratiche di grazia in presenza di un provvedimento di sospensione della pena firmato dall’autorità giudiziaria. «E’ tutto congelato» e, quindi, Castelli è indotto ad essere insensibile anche alle sollecitazioni di autorevoli esponenti della Casa delle Libertà, come Alfredo Mantovano, che gli chiedono di inviare senza indugio la pratica Sofri al Quirinale. Il problema, dal punto di vista ministeriale, non è più attuale. Lo diventerà di nuovo quando la burocrazia carceraria tornerà a concentrarsi sulla cartella clinica del detenuto. Resta da vedere, però, cosa deciderà la Corte Costituzionale. Davanti all’ostinazione di Castelli, il capo dello Stato ha infatti sollevato conflitto tra poteri e lo ha consegnato alla Consulta che ne ha stabilito l’ammissibilità lo scorso 28 settembre. Quella causa riguarda formalmente il veto espresso da Castelli alla domanda di grazia presentata da Ovidio Bompressi (condannato insieme a Sofri) ma è chiaro a tutti che la decisione finale della Consulta aprirà o meno la strada per la pratica intestata all’ex leader di Lc. Nel merito, la Corte presieduta da Annibale Marini potrebbe fissare l’udienza pubblica per la fine di gennaio del 2006 e decidere magari prima delle elezioni politiche di primavera. Così, se il conflitto si risolvesse a favore di Ciampi, il ministro in carica sarebbe costretto a firmare dovendo ammettere inoltre di aver forzato la Costituzione. L’Avvocatura dello Stato, che assiste il presidente della Repubblica, ha condensato nel ricorso di 15 pagine il punto di vista del Quirinale sul potere di grazia: si tratta di un potere «riservato in via esclusiva» al presidente della Repubblica e, dunque, il Guardasigilli si deve limitare a controfirmare. Quello del ministro «è un atto dovuto», una ratifica notarile che non può essere negata. Perché, incalza l’Avvocatura generale, il potere di concedere la grazia è un atto «formalmente e sostanzialmente presidenziale», come lo è la nomina dei senatori a vita e degli stessi giudici costituzionali indicati dal Quirinale. Per cui, non controfirmando la grazia chiesta da Bompressi, il ministro avrebbe violato gli articoli 87 (poteri del capo dello Stato) e 89 (controfirma ministeriale sugli atti del presidente) della Costituzione.
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