ALFREDO
MANTOVANO SOTTOSEGRETARIO DI STATO MINISTERO DELL'INTERNO |
Interventi sulla stampa |
Articolo pubblicato su CORRIERE DELLA SERA (Sezione: IN PRIMO PIANO Pag. 2) |
Domenica 3 luglio 2005 |
Maria Latella
I ribelli: vogliamo risposte o An si spacca
ROMA - La scena più imprevedibile, carica di una tensione da duello, scocca per l’appunto intorno a mezzogiorno, ma non è un mezzogiorno di fuoco. C’è gelo, invece. Gianfranco Fini sta seduto al bar dell’albergo dove si svolge l’assemblea nazionale di An, circondato da un pugno di fedeli: Andrea Ronchi, Mario Landolfi, naturalmente il portavoce Salvatore Sottile. Alemanno e Storace passano lì davanti, per raggiungere il piano di sopra. Passano e non lo salutano. Lo ignorano, si ignorano. «Mi ha appena definito una metastasi, che cos’altro dovrei fare? Sono indignato» sussurra uno Storace insolitamente pallido, affaticato. Sono tutti pallidi, stamattina, gli uomini-vertice di An. Pallido e nervoso è anche Gianfranco Fini, che fuma una sigaretta dopo l’altra ed entra in sala stampa per dimostrarsi rilassato, sorride, scherza col sindaco di Anzio che è suo amico, ma rilassato non è, proprio per niente. Lasciando la sala dove aveva pronunciato il suo intervento knock-out, a metà mattinata, l’hanno pure fischiato ed è in assoluto la prima volta, per lui, a casa sua. «Sono stati i ragazzi di Azione giovani, qualcuno li avrà ben istruiti» sibilano i finiani. Ma intanto i fischi ci sono stati e invece applausi, tanti, accoglieranno gli interventi di Mantovano, di Storace, di Gasparri e di Alemanno, certo. Che cosa succederà di An? Alle 13 le "correnti metastasi", quelle che non devono più esistere, si ritrovano ciascuna isolata in una stanza, a discutere. Tra le 17 e le 18, Storace annuncia di esser pronto a dimettersi da ministro. Poi, guardando in faccia Fini, aggiunge: «Dover leggere sui giornali che senza di te saremmo una banda di fascistelli alla Le Pen mi ha fatto male». Il presidente di An lo interrompe: «Czz... ma se ho fatto anche l’appello all’unità... Hai sentito il mio intervento o quello di un altro?». Alle otto di sera, però, la prospettiva appare meno cupa. Gianni Alemanno si butta su un divano e disegna un potenziale percorso di unità: «La volontà di dialogo c’è. Se Gianfranco Fini ci darà risposte su due punti, questo partito non si spaccherà». I due punti riguardano i valori su cui An intende collocarsi, e dunque una revisione dello strappo attuato dal presidente di An a proposito del referendum sulla procreazione assistita, e il progetto dei prossimi mesi: «Dobbiamo decidere come e di che cosa parlare agli italiani che non ci votano più, al populismo identitario, all’associazionismo cattolico» dice Alemanno, talmente stanco da accorgersi solo dopo qualche minuto che ad ascoltarlo, nella stanza, è arrivata pure la moglie Isabella. Un bacio, poi ricomincia: «Con la corrente di La Russa e Gasparri stiamo raccogliendo le firme per un ordine del giorno comune. È il frutto di un dialogo, non di una congiura. Se il contenuto verrà recepito, noi non ci considereremo minoranza». La mano tesa dopo una mattinata durissima: «Lo ammetto, sentirmi dire che le correnti sono le metastasi del partito mi ha fatto male, non è stata una bella sorpresa». Quando è arrivato in sala, per pronunciare il suo intervento, Alemanno non ha fatto mistero del suo stato d’animo: «Mi serve mezz’ora, e senza penne che tamburellano per segnalare che il tempo è finito». Poi s’è dedicato a quel che nel partito non funziona: «Non è giusto che per iscriverti ad An devi avere un santo, in Paradiso». E ancora, rivolto a Fini: «Ogni mese, ogni anno, una picconata sulla destra. Non è questa la strada» Adesso però, seduto sul divano, si augura «una notte di dialoghi» e allenta un poco il nodo della cravatta. Certo, si dovrebbe ragionare pure sulle primarie del centrodestra, su come si sceglie il candidato premier del 2006, «ma non sarà su questo che romperemo con Fini. Io spero proprio che non si voglia rompere». Il nodo è l’altro: quale progetto, quali valori. Quest’Alleanza nazionale ferita dallo strappo di Fini non capisce il suo capo abituato a frequentare, ai tempi della Costituzione europea, i tecnocrati di Bruxelles e ora, da ministro degli Esteri, i vertici delle cancellerie. Vuol convincerlo di essere pronta a rappresentare - più e meglio della Dc - i temi della famiglia e sì, anche quelli cari a papa Ratzinger. Qualcuno dice che qui all’Ergife sta in fondo nascendo una Destra spirituale, che vuole distinguersi dai partiti tecno-edonisti degli anni Novanta. Per questo, forse, Alemanno, e pure Storace, reagiscono con vibrante insofferenza all’accusa di voler cavalcare il populismo, accusa mossa da Adolfo Urso. «Buffone», gli grida Alemanno. Non si sentono catto-populisti, loro, ma certo vicini ai francesi di provincia, sì, quelli che col "no" alla Costituzione europea hanno mandato un segnale al loro establishment. Il capo da che parte vuole stare? A metà pomeriggio, prima di un intervento molto lungo, molto pensato e applaudito anche da Fini che gli dice: «Sei stato bravo», Maurizio Gasparri prova a elencare quanto lo unisce al leader e a diluire quanto lo divide: «Primo: l’incarico a Matteoli non è una novità, Altero è stato il segretario organizzativo del partito per vent’anni e poi non mi pare che Fini voglia nominarlo coordinatore. Ha anche anticipato di volere un ufficio di presidenza. Secondo: Gianfranco ha parlato di un centrodestra unito, ha criticato Marco Follini e io condivido tutto, su questo fronte. Sul referendum no, continuo a non essere d’accordo con la sua posizione, ma mi pare che le basi per un dialogo ci siano tutte». Ci sono nella testa dei colonnelli, conferma Ignazio La Russa, ma la base, i delegati presenti, mordono il freno, applaudono con entusiasmo quelli che ricordano a Fini di essere arrivato dov’è arrivato «anche grazie a noi». Ci dovrà pur essere una via di mezzo, si chiede pubblicamente Storace, un’alternativa all’aut aut del capo: «O la mia leadership non si discute, oppure provate a mandarmi a casa». La cercheranno nelle riunioni notturne e stamattina Fini deciderà se l’aut aut è ancora valido o no.
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