ROMA - Il giorno dopo, l'ebbrezza della vittoria deve fare i conti con la capacità di gestirla. Parte da questo la giornata di ieri di An: incassate venerdì notte le dimissioni di Tremonti - al quale ieri sera La Russa ha tributato comunque «l’onore delle armi» - come fare per portare a casa risultati veri in fatto di potere decisionale sull'economia? Il tema viene affrontato subito la mattina, quando Gianfranco Fini convoca una prima volta i suoi ministri. Sul tavolo ci sono le due ipotesi sul futuro del ministero dell'Economia (resterà un superministero o lo si potrà scorporare in due o tre dicasteri?), i nomi che An vuole sostenere in ciascuno dei due casi, e l'effetto domino che queste eventuali scelte comporteranno anche nel partito. Il tutto inserito nel quadro di «collegialità» richiesto, che non esclude ancora la vecchia proposta di «cabina di regia» per l'economia: «Credo che ogni scelta dovrà sempre passare dalla presidenza del Consiglio», sintetizza il sottosegretario agli Interni Alfredo Mantovano. Così il vicepresidente del Consiglio comincia proprio dal tema «condividere decisioni e responsabilità» parlando ai suoi: «La politica economica non è di un partito né di un uomo, ma di tutta la Cdl».
BERSAGLIO GRILLI - Sul tavolo però c’è anche un fascicolo Vittorio Grilli, nuovo bersaglio e cuneo di Alleanza nazionale. Il ragioniere generale dello Stato non ha mai trovato posto nel cuore di An: è l'uomo che Tremonti aveva voluto con sé al posto di Andrea Monorchio, è lui che opponeva numeri e dati alla spinta di An verso i contratti del settore pubblico. A quelle cifre e all'insieme dei dati tremontiani finiti sotto accusa come «truccati» An ora cerca di inchiodarlo per far tornare Monorchio. Un'impresa non facile, visto che Grilli gode dell'apprezzamento del Quirinale; ma il ministro dell’Agricoltura Gianni Alemanno e il viceministro dell'Economia Mario Baldassarri non hanno usato mezzi termini quando ieri nel pomeriggio sono andati a trovarlo: «Ora la musica cambia, basta dirigismo. Gli interventi sui conti pubblici saranno decisi di concerto con il ministro dell'Economia e con i ministri di volta in volta interessati: la Ragioneria è un organo tecnico e tale deve restare la sua funzione».
POLTRONE - La partita su Grilli comunque non sembra destinata a risolversi in tempi brevi. Mentre tempi stretti impone la soluzione, evitando la crisi, sul ministero più importante di una nazione. Certo l'accusa «qui i conti non tornano» lanciata contro Tremonti «danneggia l'immagine del paese», commentano da An; «però sarebbero stati molto peggio una verifica negativa da parte dell'Europa, oppure un trascinamento di critiche continuo e logorante». Ma la soluzione adesso comporta accordi con un Berlusconi che ha già dovuto ingoiare più di qualcosa e con gli altri alleati, primi fra tutti l'Udc. Il tema torna anche nella successiva riunione di Fini con i suoi ministri. Se il ministero dell'Economia resterà unico, per ora An continua ad appoggiare ufficiosamente il commissario europeo Mario Monti, oppure il banchiere Mario Draghi: «Uomo ed esterno», dichiara il coordinatore Ignazio La Russa, non accreditando la candidatura di Letizia Moratti. L'altra ipotesi prevede invece la scomposizione in due o tre dicasteri; e qui la girandola di nomi gira e gira. Ieri si parlava di Marzano (Forza Italia) a Tesoro e Finanze e Baldassarri al Bilancio; mentre il Mezzogiorno (usando uno strumento previsto dalla legge Bassanini) potrebbe essere accorpato alle Attività produttive (ora di Marzano) e trasformato in un nuovo ministero dello Sviluppo assegnato ad Alemanno o all'attuale viceministro delle Attività produttive Adolfo Urso (anche lui di An), oppure a Bruno Tabacci (Udc). Anche La Russa potrebbe ottenere qualche incarico governativo. E un riequilibrio nelle responsabilità di partito seguirebbe a ruota.