ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su CORRIERE DELLA SERA
(Sezione: IN PRIMO PIANO    Pag. 6  )
Domenica 4 Agosto 2002

Lorenzo Salvia




Bossi: certificato medico per le prostitute
Gelo del Polo, centristi e An frenano. Il ministro Prestigiacomo: solo se serve a tutelare le donne. L’Ulivo insorge


 

ROMA - Umberto Bossi non ha perso tempo. Due giorni fa la nomina nel gruppo di lavoro interministeriale che sulla prostituzione dovrà mettere a punto un disegno di legge del governo. Ieri la prima proposta: un certificato medico per le prostitute in modo da garantire l’assenza di malattie che si trasmettono per via sessuale. Un’idea criticata dall’opposizione. Ma che trova fredda anche parte della maggioranza, come l’Udc con Luca Volontè, e il ministro delle Pari opportunità, Stefania Prestigiacomo, che con Bossi e Fini fa parte proprio del gruppo di lavoro. Contrario anche il mondo della prostituzione.


CERTIFICATO - Secondo il ministro per le Riforme, Umberto Bossi, le prostitute devono avere un «certificato medico per garantire che non abbiano malattie trasmissibili per via sessuale». Il leader della Lega parla di un documento «fresco», cioè rinnovato periodicamente. E aggiunge: «L’obbligo ce l’hanno i fruttivendoli, qualsiasi commerciante». Messa da parte, almeno per il momento, l’idea degli eros center sulla quale Bossi aveva puntato in un primo momento, sollevando le critiche dei cattolici: «E’ un secondo passaggio. Sarà la storia a dire cosa avverrà. Adesso come adesso ci sarebbero grosse frizioni». In Parlamento sono ferme diverse proposte per cambiare la Legge Merlin, che nel 1958 abolì le case chiuse. La più accreditata porta la firma di Giancarlo Pittelli, Forza Italia. E prevede la non punibilità della prostituzione in appartamenti con tre persone maggiorenni.


PRESTIGIACOMO - Frena il ministro per le Pari opportunità, Stefania Prestigiacomo: «Del certificato possiamo discutere - spiega - ma ad una condizione: che sia uno strumento a garanzia della salute della prostituta, e non un servizio per far star tranquillo il cliente. Del resto le donne, tutte le donne, hanno diritto a controlli sanitari periodici». In passato tra Bossi e Prestigiacomo non sono mancate polemiche: «Ma questa volta - dice ancora il ministro per le Pari opportunità - sono ottimista. Il gruppo di lavoro è stato creato per discutere, e quindi discuteremo. L’importante è che Bossi abbia abbandonato l’idea degli eros center».


ARTICOLO 18 - Scettico anche Alfredo Mantovano, sottosegretario all’Interno per Alleanza nazionale: «Il certificato - dice - mi sembra francamente una questione secondaria. Il vero problema è un altro: combattere le organizzazioni criminali che sfruttano la prostituzione». E in questo una mano può venire dall’articolo 18: «Un articolo 18 buono - dice ancora Mantovano - non quello dello Statuto dei lavoratori, ma della vecchia legge sull’immigrazione che non è stato toccato dalla Bossi-Fini: le prostitute extracomunitarie che denunciano i loro sfruttatori possono uscire dal giro perché ottengono il permesso di soggiorno e vengono protette». Critico anche Luca Volontè, capogruppo dell’Udc alla Camera: «Bossi vuole regolarizzare la prostituzione, ma quella linea non è la nostra. Noi vogliamo liberare dalla schiavitù le donne costrette a prostituirsi».


OPPOSIZIONE - Secco il no da parte del centrosinistra. Secondo l’ex ministro per la Solidarietà sociale, Livia Turco, «Bossi va solo a caccia di voti facendo leva sui istinti bestiali». Duro Giuseppe Fioroni, della Margherita: «Per Bossi le donne costrette a prostituirsi non possono che essere veramente carne da macello... purché fresca».


PROSTITUTE - Ma cosa ne pensano le dirette interessate? Pia Covre, segretaria del Comitato per i diritti civili delle prostitute: «Quella di Bossi è una proposta irrealizzabile e controproducente. Irrealizzabile perché in Italia il 90% delle prostitute sono extracomunitarie clandestine: il certificato significherebbe espulsione. Controproducente perché creerebbe una falsa sicurezza nei clienti, provocando un aumento dei rapporti senza preservativo». Infine un esempio: «In Grecia il certificato è obbligatorio dall’inizio del ’900. Ad Atene ci sono 5 mila prostitute. Solo 500 hanno un certificato vero. Le altre, clandestine oppure malate, non lo hanno oppure ne hanno uno falso. Comunque lavorano. E che sicurezza è?».


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