ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su CORRIERE DELLA SERA
(Sezione:  CRONACHE   Pag.  18  )
Giovedì 7 novembre 2002

Lorenzo Salvia



Mantovano(An): tuteliamo gli immigrati sfruttati in nero



Permessi a chi fa causa di lavoro



 

ROMA - Un permesso di soggiorno di sei mesi per gli immigrati che aprono una vertenza contro il datore di lavoro che si è rifiutato di metterli in regola. L’ultima novità sulla sanatoria degli extracomunitari arriva a pochi giorni dalla scadenza dei termini per la presentazione delle domande, fissata per l’11 novembre. Secondo le stime della Caritas, dovrebbe riguardare tra i 30 e i 50 mila lavoratori. Anche se, visto lo scarso tempo ancora a disposizione, saranno «poche centinaia» a sfruttare davvero quest’opportunità. «Non esistono possibilità di strumentalizzazione: sarà espulso chi fa ricorso senza averne diritto e solo per guadagnare tempo», assicura il sottosegretario all’Interno, Alfredo Mantovano. Ma qualche malumore nella Lega c’è. Dice Roberto Calderoli, vice presidente del Senato: «Chi non ha un lavoro deve essere espulso. Poi si decide sul ricorso. Altrimenti quei permessi temporanei rischiano di diventare definitivi».
Le domande di regolarizzazione già presentate sono mezzo milione.


PERMESSO - La modifica arriva con una circolare inviata a tutte le questure dal dipartimento di pubblica sicurezza del ministero dell’Interno.
Il permesso sarà dato a quegli immigrati che, dopo il no alla regolarizzazione del proprio datore di lavoro, hanno fatto ricorso al giudice oppure agli uffici di conciliazione del ministero del Welfare. E questo ricorso servirà proprio ad aspettare in Italia la decisione sulla domanda di regolarizzazione.

Del resto cominciavano ad arrivare le prime sentenze di reintegro nel posto di lavoro di immigrati utilizzati in nero. Pronunce che, viste le regole della sanatoria, comportano anche il rilascio del permesso di soggiorno.


MANTOVANO - «Il nostro obiettivo - spiega Mantovano - è tutelare soggetti particolarmente deboli: persone che dopo aver lavorato in nero sono state licenziate e che rischiano di essere anche espulse. Dopo il danno la beffa. Anzi un nuovo danno, ancora più grande. Perché per queste persone, una volta tornate nel loro Paese d’origine, l’eventuale reintegro deciso dal giudice non avrebbe di fatto molto valore. Non è una deroga e nemmeno una forzatura. Ma solo una modifica per applicare al meglio quanto già previsto dalla legge. E non c’è alcun pericolo di strumentalizzazione: al rilascio del permesso, vengono comunque prese le impronte digitali. Se il ricorso è infondato, scatta l’espulsione. E con le impronte quella persona viene trovata davvero».


CARITAS - Soddisfatta a metà la Caritas. «E’ una modifica che avevamo chiesto due mesi fa - spiega don Giancarlo Perego, responsabile immigrazione - e per la quale abbiamo aspettato pazientemente. Peccato che arrivi così tardi. In teoria riguarda dalle 30 alle 50 mila persone. Ma in realtà saranno pochi a sfruttarla. Resta solo una manciata di giorni. E poi sono tanti gli immigrati che temono ritorsioni in caso di denuncia. Specie al Sud».


REGOLARIZZAZIONE - Intanto si aggiornano le stime sulle domande di regolarizzazione già presentate. Siamo a quota 500 mila, il 60% per lavoratori autonomi, il 40% per colf e badanti. «A questi numeri - dice Mantovano - dovrà comunque essere fatta la tara: credo che alla fine tra il 5 e il 10% delle domande sarà respinto perché non in regola. Una cosa è certa: il termine ultimo resta l’11 novembre, non ci saranno proroghe».


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