ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su CORRIERE DELLA SERA - Sette
(Sezione:      Pag.  50   )
Giovedì 16 ottobre 2003

di Francesco Verderami

 

ONOREVOLI SEGRETI

 

Chi c'è dietro la «seconda Fiuggi» di An?

 


È lui l'uomo dello scandalo, il sovversivo di An che aveva già gabbato Umberto Bossi e che punta a fregarlo un'altra volta. È a lui che Gianfranco Fini aveva affifdato il compito di dare un filo logico, un innesco rivoluzionario a quel groviglio di idee e sentimenti con i quali il vicepremier si era deciso a fare i conti. Nessuno sapeva, nessuno poteva neppure lontanamente immaginare che quel discorso scritto da Afredo Mantovano nel suo studio al Viminale avrebbe trasformato un convegno del Cnel sull'immigrazione in una nuova Fiuggi della Destra. È il suo testo che ha dato origine alla nuova svolta, che ha messo in subbuglio un partito intorpidito, piegato su se stesso, e in grado di eccitarsi ormai solo davanti agli organigrammi interni.

Anche il vicepremier doveva sveglairsi, e non è un caso se per uscire dal «museo di Palazzo Chigi» - dove era rimasto per due anni imbalsamato - ha dovuto affidarsi a un dirigente estraneo alle logiche correntizie, un cattolico che i duri e puri non potranno additare come un traditore o un apostata, visto che non appartine alla tradizione missina, e la sua storia politica nasce in prossimità della nascita di An. Certo la scelta è stata dettata anche dalla profonda conoscenza della materia, se è vero che durante il bracio di ferro con Bossi per la stesura della legge sull'immigrazione sostanziò con norme e codicili le volontà di Fini. Si può parlare a voce bassa e imporsi ugualmente, a volte meglio di quanto si riesca a fare gridando.

Così si comportò Mantovano durante quella lunga trattativa. Diluì' a tal punto alcune asprezze legislative proposte dalla Lega, che ancora oggi il Senatùr non manca occasione per ripetere come l'impianto della riforma sia stato «annacquato». A forza di aprire varchi nel provvedimento, il sottosegretario agli Interni finì per garantire la più grande regolarizzazione di immigrati cladestini della storia italiana. E quando il capo del Carroccio se ne accorse, quando vide la prima pagina dell' Unità, quando lesse quel titolo, «La sanatoria di Bossi», s'infuriò e minacciò di non firmare il testo, perchè riteneva di esser stato raggirato. Non è cosa di poco conto che un magistrato pugliese sia riuscito laddove in molti nel Polo hanno fallito.

Non è dato sapere come siano andate esattamente le cose il giorno in cui Fini gli ha chiesto il testo per il convegno del Cnel, se Mantovano sapesse già cosa avrebbe detto il segretario della Cisl, che nel programma degli interventi precedeva il vicepremier. In fondo, da anni i sindacati chiedono il voto alle amministrative per gli immigrati che risiedono e lavorano regolarmente nel Paese, ed era facile prevedere che Savino Pezzotta avrebbe rinnovato una proposta disattesa nella passata legislatura da tutti i governi dell'Ulivo, a partire da quello di Romano Prodi.

È impossibile quindi stabilire se ci sia stata un intesa peventiva tra il leader sindacale e il presidente di Alleanza nazionale sulla frase che ha destato scandalo: «Sono maturi i tempi per discutere il diritto di voato agli immigrati almeno in sede di elezioni amministrative». Mantovano sostiene di non averla scritta, di ce che è stato Fini a inserirla all'ultimo momento. La storia della seconda Fiuggi rimane avvolta da un piccolo mistero. Succede sempre quando avvengono le svolte.


    

 

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