ALFREDO
MANTOVANO SOTTOSEGRETARIO DI STATO MINISTERO DELL'INTERNO |
Interventi sulla stampa |
Articolo pubblicato su CORRIERE DEL MEZZOGIORNO (Sezione: LECCE Pag. 6 ) |
Domenica 9 Marzo 2003 |
Salvatore Avitabile
«Sbarchi finiti, rinforzi nella lotta ai clan»
LECCE — L’emergenza- clandestini è finita, così ad Otranto l’ufficio di polizia di frontiera diventa commissariato. E quarantasei agenti, impegnati negli ultimi anni per fronteggiare gli sbarchi e bloccare i trafficanti di profughi, presto saranno utilizzati per combattere il crimine. Lo ha annunciato ieri mattina il sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano, a margine del comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica convocato in prefettura dopo l’omicidio di Antonio Fiorentino, il proprietario del bar «Papaya» di Lecce assassinato giovedì mattina con cinque colpi di pistola a San Lazzaro, centro della città. IL POTENZIAMENTO — Ma, puntualizza il sottosegretario, non saranno potenziate le forze dell’ordine che operano in provincia di Lecce. «Non ci sarà alcun incremento, bisognerà solo razionalizzare le risorse, anche perché la situazione attuale non è così grave da giustificare un potenziamento. Le forze dell’ordine, nel rispetto delle loro competenze, dovranno coordinarsi con i vigili urbani e gli istituti di vigilanza». Ma non è escluso che nei prossimi mesi potrebbe essere allargato negli altri quartieri della città l’esperimento del poliziotto di quartiere. Dice Mantovano: «Lecce è stata inserita nella prima fascia, l’esperimento finisce dopo l’estate. A tutt’oggi il bilancio è positivo. Il poliziotto di quartiere non ha la funzione di combattere tutta la criminalità ma di far riavvicinare il cittadino allo Stato. Obiettivo raggiunto. Vedremo». NO ALL’OMERTA’ — Dice ancora: «Lecce non è Gela o Reggio Calabria». Ma ai cittadini chiede ugualmente di fare fronte comune contro la criminalità e la micro-delinquenza, di stipulare un patto contro la mafia. Il sottosegretario Alfredo Mantovano risponde (ma senza mai nominarlo) al senatore diessino Alberto Maritati (che aveva strigliato forze dell’ordine ed inquirenti dopo l’omicidio di giovedì mattina), difende le forze dell’ordine («Non possono essere denigrate») e lancia un appello ai cittadini. «Denunciate», dice. E aggiunge: «Il fenomeno non riguarda le persone oneste, anche se un omicidio alle 8 di mattino in un bar del centro non lascia tranquillo nessuno. La gente onesta deve sapere che quanto più riferirà di richieste estorsive o di fatti illeciti tanto più efficace sarà sul territorio l’opera delle forze dell’ordine». A Mantovano si associa Cataldo Motta, procuratore aggiunto antimafia. Che dice: «Chi non è delinquente non deve temere nulla. Credo che se la gente parlasse di più forse i problemi potrebbero essere di meno. Io sono convinto che il silenzio produce omertà, il tacere produce omertà. E’ bene che la gente parli, difatti i criminali vanno denunciati quanto meno da chi ne è vittima». Mantovano, inoltre, invita a non fare confusione «tra fatti come quello di giorni fa che hanno un particolare spessore criminale e l’ordinaria criminalità presente sul territorio». E aggiunge: «Nessuna sottovalutazione della situazione da parte dell’autorità giudiziaria e delle forze dell’ordine. E lo dico senza nessuna polemica ma aderendo a dati assolutamente oggettivi. E non c’è stata alcuna sottovalutazione neanche da parte della commissione antimafia. Ricordo le dichiarazioni del presidente Centaro, che facevano seguito alle informazioni ricevute nel corso delle audizioni, in cui si parlava di una diffusione su larga scala dell’usura e del racket (lunedì a Lecce c’è la carovana anti-racket con Tano Grasso), e dell’ex presidente Giuseppe Lumia, capogruppo dei ds, secondo il quale il fenomeno del racket ha una presenza devastante che non va assolutamente sottovalutata». DIECI ANNI FA — Dice ancora il sottosegretario: «Le indagini sono in corso, l’episodio è avvenuto in un determinato contesto criminale. Non è un pizzo ordinario, è qualcosa di più articolato. Ma la situazione di oggi è diversa rispetto a dieci anni fa. E’ vero che negli ultimi dieci mesi sono avvenuti sei omicidi, ma dieci anni fa nel distretto della Corte d’Appello ci furono 150 morti ammazzati. E a Lecce avvennero tantissimi omicidi. E non dimentichiamoci che fatti come la strage della Grottella (tre guardie giurate uccise in una rapina ad opera di un gruppo mafioso il 6 dicembre 1999, ndr) non sono più avvenuti». Secondo Mantovano, dunque, «a Lecce è in atto il tentativo serio di un gruppo di farsi rispettare sul territorio, in assenza di una organizzazione come esisteva dieci anni fa che era centrale e ramificata». aggiunge: «Nessuna sottovalutazione della situazione da parte dell’autorità giudiziaria e delle forze dell’ordine. E lo dico senza nessuna polemica ma aderendo a dati assolutamente oggettivi. E non c’è stata alcuna sottovalutazione neanche da parte della commissione antimafia. Ricordo le dichiarazioni del presidente Centaro, che facevano seguito alle informazioni ricevute nel corso delle audizioni, in cui si parlava di una diffusione su larga scala dell’usura e del racket (lunedì a Lecce c’è la carovana anti-racket con Tano Grasso), e dell’ex presidente Giuseppe Lumia, capogruppo dei ds, secondo il quale il fenomeno del racket ha una presenza devastante che non va assolutamente sottovalutata». DIECI ANNI FA — Dice ancora il sottosegretario: «Le indagini sono in corso, l’episodio è avvenuto in un determinato contesto criminale. Non è un pizzo ordinario, è qualcosa di più articolato. Ma la situazione di oggi è diversa rispetto a dieci anni fa. E’ vero che negli ultimi dieci mesi sono avvenuti sei omicidi, ma dieci anni fa nel distretto della Corte d’Appello ci furono 150 morti ammazzati. E a Lecce avvennero tantissimi omicidi. E non dimentichiamoci che fatti come la strage della Grottella (tre guardie giurate uccise in una rapina ad opera di un gruppo mafioso il 6 dicembre 1999, ndr) non sono più avvenuti». Secondo Mantovano dunque, «a Lecce è in atto il tentativo serio di un gruppo di farsi rispettare sul territorio, in assenza di una organizzazione come esisteva dieci anni fa che era centrale e ramificata». LA PISTA — Il procuratore capo della Repubblica, Rosario Colonna, non esclude che il movente dell’omicidio di Antonio Fiorentino possa essere il controllo delle aste giudiziarie. Per Cataldo Motta, invece, l’agguato di San Lazzaro «è un episodio grave per le modalità». E aggiunge: «Non è escluso che anche la scelta delle modalità abbia una sorta di componente intimidatoria ma sicuramente è un fatto legato a dinamiche diverse da quelle che possono interessare i singoli commercianti o i singoli imprenditori o la gente comune. Ed è sicuramente un fatto meno allarmante ad esempio della rapina al giornalaio o dell’episodio all’angolo della strada. Voglio dire che nonostante si tratti di un episodio gravissimo, è un fatto che proprio per la sua gravità e per la modalità non sembra poter coinvolgere la popolazione in genere». E ancora: «La sensazione che ricaviamo attraverso le indagini è di una tentativo di occupazione di una porzione di territorio, in modo particolare della città di Lecce e nella fascia a nord di Lecce da parte di un gruppo che ha mire egemoniche e di controllo delle attività illecite nel territorio. E’ questo che accade in genere quando si hanno mire egemoniche, l’esigenza di eliminare i concorrenti o di controllare direttamente alcune attività. Controllare le aste giudiziarie non significa essere collusi». GLI APPALTI — Ieri in prefettura si sono insediate le due commissioni che monitoreranno i verbali di gara degli appalti superiori a 150mila euro. Non hanno aderito all’iniziativa solo il Comune di Melpignano e la Provincia di Lecce. Mantovano è soddisfatto. Conclude: «Nelle commissioni fanno parte anche i due vicepresidenti dell’Anci. La loro collaborazione è importante. Se dovessero essere riscontrate irregolarità, saranno segnalate alla magistratura». Salvatore Avitabile
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