ALFREDO
MANTOVANO SOTTOSEGRETARIO DI STATO MINISTERO DELL'INTERNO |
Interventi sulla stampa |
Articolo pubblicato su LA SICILIA (Sezione: Pag. 4.) |
MERCOLEDÌ 15 GIUGNO 2005 |
ANNA RITA RAPETTA
Fini affronta i «colonnelli» An ormai a un bivio cruciale
Roma. Si prospetta un ufficio di presidenza infuocato oggi pomeriggio, quando i vertici di An si riuniranno per affrontare le questioni sul tappeto all'indomani del referendum. Dopo aver messo in chiaro di non aver intenzione di dimettersi dalla carica di presidente - come qualcuno si aspettava a seguito delle dimissioni dalle cariche interne del ministro Alemanno e del sottosegretario Mantovano - Fini ha avuto ieri una serie d'incontri con i vertici del partito. Per oltre due ore si è intrattenuto con Alemanno che ha sollevato un problema di linea politica attirandosi il sospetto di voler sfidare la leadership di Fini in occasione dell'assemblea nazionale dei primi di luglio. Poi, ha incontrato Matteoli, vicepresidente del partito, e il ministro Storace, mentre nel pomeriggio ha avuto un lungo colloquio con il vicepresidente La Russa. Il referendum è il motivo scatenante della rissa interna, ma il disagio emerso con tale virulenza non è che il risultato di mesi di tensione. La proposta di voto agli immigrati, le dichiarazioni in Israele, la posizione sulla riforma costituzionale, sull'Unione europea, i rapporti con gli Usa, la politica economica e sociale, quella giudiziaria: è il lungo elenco fornito dal senatore Fisichella per spiegare le ragioni dello «sconcerto» creato da Fini tra gli elettori di un partito con «vocazioni valoriali forti». L'ultima uscita in solitaria sulla fecondazione assistita ha messo in crisi il rapporto con l'elettorato cattolico di An. Come ricucire i rapporti con loro? Sarà una delle questioni che Fini è chiamato a risolvere. Sullo sfondo, però, campeggia la questione del partito unico (o meglio, unitario) proposto dal premier. Il viceministro Urso invita An ad aderire sin da luglio al progetto comune: «Pensiamoci. Per pochi parlamentari teniamo in piedi una contrapposizione tra partiti». Disposti ad affrontare il dibattito sul nuovo soggetto politico sono il ministro Matteoli e il suo ex collega Gasparri. E' il tema più urgente anhe per Musumeci, vicesindaco di Catania, secondo cui «è stomachevole vedere gente che deve tutto a Fini prenderlo di mira fino a chiederne le dimissioni». Contrari il ministro Tremaglia e il senatore Buontempo, secondo cui quest'esito è tutt'altro che scontato. Prima d'imbarcarsi in quest'avventura, «bisognerà comprendere se il percorso del nostro partito è giunto al capolinea». Se non al capolinea, comunque, An è a un bivio. «Non si può andare avanti come se nulla fosse accaduto», scandisce Mantovano che individua nella scelta referendaria di Fini un momento di rottura con ciò che il partito ha rappresentato finora. Le ferite aperte da questa vicenda «non sono facilmente rimarginabili», continua indicando la strada per uscire dalla crisi: il chiarimento con Fini dovrà partire da temi concreti, come il disegno di legge sulla droga fermo in Parlamento e dagli altri temi etici in agenda. La scelta di dimettersi va in questa direzione. Dopo il referendum, spiega infatti Mantovano, ci sarebbe stato il tentativo di far passare in sordina quanto accaduto: solo con un gesto forte, quindi, si poteva arrivare a un dibattito aperto. «Quelli che si sono verificati sono atti politici che esamineremo pacatamente. Anzi, l'esame è già iniziato», dice La Russa che si appella ai dirigenti del partito affinché facciano «un passo indietro». Replica al veleno di Bonatesta della direzione nazionale: «Alemanno lo ha già fatto, perché non lo fa pure lui»? Buontempo arriva a proporre una «scissione consensuale» che vedrebbe due destre convivere nell'ambito della Cdl (una interna al grande centro, l'altra autonoma). Stando alle previsioni di Rebecchini, uno dei padri fondatori di An, ci dobbiamo aspettare un «redde rationem molto duro». Proprio come dice Fiori: «O Fini lascia An, oppure An finisce di vivere».
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