ALFREDO
MANTOVANO SOTTOSEGRETARIO DI STATO MINISTERO DELL'INTERNO |
Interventi sulla stampa |
Articolo pubblicato su IL Sole 24Ore (Sezione: Pag. 3 ) |
Domenica 9 giugno 2002 |
Lina Palmerini Turco (Ds): con la legge Bossi-Fini i clandestini aumenteranno invece di diminuire - Martelli: no a questa riforma Mantovano: In un anno 32% di espulsi in più (DAL NOSTRO INViATO)
Difende a spada tratta il provvedimento del Governo, Alfredo Mantovano, sottosegretario all'Interno, nonostante il dibattito ancora aperto nella maggioranza, nonostante le critiche che gli arrivano dalla platea dei Giovani Industriali riuniti a Santa Margherita. «Il nostro disegno di legge risponde a orientamenti prevalenti in Europa. I cardini del Ddl sono chiari: resta la cooperazione con i Paesi d'origine ma si spezza quel filo tra aiuti offerti e criminalità ricevuta; il soggiorno viene collegato al contratto di lavoro perché solo un'occupazione può garantire integrazione; la lotta alla clandestinità ora potrà contare su espulsioni certe». E su questo punto Mantovano illustra i dati dell'azione di contrasto del Governo: un incremento degli stranieri allontanati del 32% e dei rimpatri collettivi del 500 per cento. Non bastano però i numeri, né i principi del Ddl governativo per spiegare e dare risposte al problema dell'immigrazione che, come è emerso dalla tavola rotonda di ieri organizzata dai Giovani industriali, «ha necessità di continui ritocchi e interventi sul piano delle regole e dell'azione pratica». Il più urgente è quello che arriva dal mondo delle imprese ieri rappresentato da Mario Poletti Polegato: «C'è la necessità di andare incontro alla piccola impresa che non può organizzarsi come la grande e soprattutto bisognerebbe capire che l'immigrazione non può essere solo un problema di ordine pubblico: oggi è una questione di integrazione e dignità delle condizioni umane». Di fronte a una sala inaspettamente piena, vista la partita della nazionale italiana in corso, il botta e risposta è stato soprattutto tra maggioranza e opposizione. L'ex ministro Livia Turco (Ds) ha attaccato: «Con la nuova legge ci sarà un aumento della clandestinità. Alla paura vanno date risposte pratiche dimostrando che c'è una convenienza reciproca a fare una politica regolata e aperta verso l'immigrazione. Per esempio, il diritto di voto per gli immigrati, avanzato da questa platea, mi sembra una battaglia da portare avanti». La sindrome dell'assedio, la paura, la sicurezza, sono state le parole più pronunciate nel dibattito. «Partiamo dalla paura: è questo il tema - spiega Claudio Martelli, europarlamentare socialista - e non solo perché la destra ci specula. Credo, invece, che i partiti popolari di sinistra dovrebbero interrogarsi: chi ha regalato la vittoria ai partiti xenofobi sono proprio gli ex-elettori di sinistra. Sono quei ceti medio-bassi che più di tutti soffrono la presenza dell'immigrazione. Sia di quella regolare perché crea competizione sul piano del welfare, sia irregorale perché proprio nelle aree più popolari s'insediano i clandestini». Ma Martelli tocca il vero punto delicato dell'integrazione: il diritto di cittadinanza: «Finché non usciamo dalla ius sanguinis e diamo il diritto di poter diventare cittadini italiani, il tema dell'integrazione resta in sospeso. Questo Ddl dà solo risposte sul piano della repressione, ricalcando il modello più vecchio: quello di immigrato ospite». A tagliare in due la questione è stato il politologo Edward Luttwak: «Non si può essere buonisti a 360 gradi: bisogna scegliere o il modello del Giappone e della Norvegia dove c'è un sistema di welfare forte ma gli stranieri non entrano; o il modello americano, aperto ma con bassi livelli di solidarietà». A ricordare a Luttwak l'esistenza del modello sociale europeo che cerca di coniugare le due strade è sempre Martelli mentre il cardinale Ersilio Tonini riporta la discussione sul piano dell'etica. «La domanda è: c'è un'identità umana assicurata per il futuro? L'uomo rimarrà questo? E un interrogativo che oggi ci pone la scienza ma anche l'immigrazione. Per questo la scuola e il giornalismo devono essere profetici, porre delle domande, altrimenti sono vani».
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