ALFREDO
MANTOVANO SOTTOSEGRETARIO DI STATO MINISTERO DELL'INTERNO |
Interventi sulla stampa |
Articolo pubblicato su sorrisi e canzoni TV (N. 51 Pag. 71 ) |
Mercoledì 14 dicembre 2005 |
Stefania Zizzari ANTEPRIMA «A VOCE ALTA», FILM TV DI RAIUNO
Faccio mio un coraggio che non ho
L'aria è fumosa e l'atmosfera carica di tensione. Alla Commissione antimafia è in corso l'audizione di Emanuele Cirinnà, un uomo coraggioso che sta testimoniando contro le infiltrazioni di Cosa Nostra nei Cantieri navali sicialiani nei quali lavora. Al termine dell'incontro Cirinnà verrà inserito, con la sua famiglia, nel programma di protezione dei testimoni. Costretto a cambiare città, abitudini, lavoro e a vivere nell'anonimato. È uina scena clou, quella che si sta girando a Roma all'Istituto Galileo Galilei. Il set di «A voce alta», miniserie coprodotta da RaiFiction e Kios film, diretta da Vincenzao Verdecchi, ha aperto i battenti il 10 ottobre e preseguirà con le riprese fino a dicembre, tra Roma e dintorni, Taranto e Palermo. La fiction è liberamente ispirata alla vera storia di Giocchino Basile, operaio e sindacalista dei Cantieri navali siciali, che a metà degli Anni 80 decide di lottare contro le infiltrazioni mafiose nel nel suo posto di lavoro. Nel ruolo di protgonista, Ugo Dighero: «Raramente mi sono trovato di fronte a un personaggio così ricco» spiega l'attore. «Si muove in territori emotivi sconfinati: si sposa, gli nascono tre figli, suo padre gli muore tra le braccia, il suo più caro amico viene ammazzato dalla mafia. Per un attore è come trovarsi a Disneyland, con un percorso carico di eventi. Esplorare a fondo quest'uomo è un cimento straordinario». Fin da bambino, Cirinnà sognava di lavorare nei Cantieri navali, proprio come suo padre Salvatore, che è inerpretato da Giacinto Ferro. Realizza il suo sogno, ma di fronte ai segnali evidenti della presenza mafiosa, decide di rompere l'omertà. «È un eroe» prosegue Dighero «si pone fuori dal coro», mettendosi in contrasto con tutto ciò che lo circonda. La cosa interessante è che lo fa per rigore morale e senso etico, ma anche per carattere: è uno che proprio non ce la fa a non dire le cose, a trattanersi. Anche quando sarebbe meglio farlo, perchè ci sono momenti nei quali bisogna avere pazienza. Emanuele di pazienza non ne ha. In fondo è un pò rompiscatole, anche in famiglia. Ma la moglie Elena (Lorenza Indovina) è sempre dalla sua parte. Non è perfetto, è un persona con delle macchie oscure nell'anima. E questa sua fragilità lo renderà simpatico al pubblico». Interpretarlo, per Dighero è stata anche una crescita personale: «Cirinnà è il mio opposto. Io sono uno che sta zitto, mi sta bene tutto, da questo punto di vista non sono coraggioso. Ogni tanto bisognerebbe saper dire dei "no" secchi e motivati. È un aspetto di me sul quale lavoro da tempo. Un po' per insicurezza, un po' per l'ansia di piacere, mi faccio trasportare dalla corrente. E mi è stato utile girare scene di situazioni nelle quali io scapperei a gambe levate, mentre il mio personaggio si impone». L'amico d'infanzia di Cirinnà, Pietro Loiero, interpretato da Mario Opinato, muore tra le fiamme a causa di un incidente sul lavoro. «Ritrovatosi in cassa integrazione» racconta Opinato «Pietro accetta di lavorare in un subcantiere gestito dalla mafia, dove fa manutenzione alle navi che trasportano droga. Emanuele cerca di dissuaderlo, ma lui ha bisogno di lavorare e non gli dà retta. Un giorno la nave sulla quale Pietro sta lavorando prende fuoco e Pietro muore nell'incendio». Emanuele si scaglia contro la mancanza di sistemi di sicurezza ai cantieri e vuole trascinare in tribunale i responsabili. Un altro suo compagno, Nicola (Dino Abbrescia), viene incaricato dal boss Raffaele Malato (Glauco Onorato) di minacciare Emanuele e di farlo desistere dalla sua ricerca della verità. Nel frattempo, Cirinnà e la sua famiglia si ritrovano sempre più isolati. Luomo perde il lavoro ai Cantieri, ma viene reintegrato dal giudice. Le minaccie diventano pesanti. Finché Domenico Piutti (Antonio Serrano), un magistrato membro della Commissione parlamentare antimafia, nella realtà l'onorevole Alfredo Mantovano, venuto a conoscenza della sua storia, lo porta a denunciare i colpevoli. Dopo questa testimonianza, Cirinnà sarà inserito nel Programma di protezione dei collaboratori di giustizia e ai Cantieri tornerà finalmente la normalità. «Interpretare Piutti è una bella responsabilità» spiega Serrano. «Rappresenta lo Stato in tutta la sua grandezza, è colui che convince Emanuele a diventare testimone di giustizia. Il mio magistrato è sobrio, semplIce, concreto, una figura che trasmette stabilità. Prima di cominciare a girare ho fatto una ricerca sulla vita di Mantovano, sugli articoli che ha scritto, sulle sue apparizioni televisive. È un uomo di grande integrità morale, che riesce a dedicare tempo ed energie a se stesso e agli altri. La paura? Credo che quando entri nella logica della lotta alla mafia, sia una domanda che non ti fai più, ma vai avanti fino in fondo. In certe situazioni, la cosa più facile è gridare la tua rabbia, il tuo sdegno. E forse è quello che farei io, ma lui no. Riesce a mantenere la calma, e non significa freddezza, ma fermezza, razionalità, per dare un senso alle proprie azioni». È da tre anni che il regista Vincenzo Verdecchi ha in mente di raccontare questa storia: «Me l'ha fatta conoscere Mantovano e mi ha colpito. Il primo incontro con Gioacchino Basile è stato inquietante: eravamo in un albergo, sotto c'erano macchine della Polizia ovunque e lui era circondato dalla scorta. Ho conosciuto un uomo forte, combattivo, inquieto. L'ho definito un "apache siciliano". È la storia di un sognatore, che vuole riportare la legalità nei Cantieri siciliani». Ma a Palermo si girano poche scene: i cantieri sono stati ricreati a Civitavecchia: «È stata una scelta di tranquillità» taglia corto il regista. Consulenti della sceneggiatura, scritta da Carmelo Pennisi, Massimiliano Durante e Vincenzo Verdecchi, sono Ottaviano Del Turco, ex presidente dell'Antimafia, e Mantovano. La parte sull'inchiesta si basa sulla documentazione processuale. Basile è stato varie volte sul set e ha accettato le licenze "poetiche" da fiction: «Ha avuto da ridire solo su un punto» precisa Verdecchi. «Gli avevamo attribuito una infatuazione per una donna, ma lui ce l'ha fatta togliere, dicendo: «Ho amato solo mia moglie»! Il protagonista della storia oggi è uscito dal programma di protezione, vive nel Nord Italia e racconta la sua storia nelle scuole. Ha un nuovo lavoro e una figlia che vuole entrare in magistratura.
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