ALFREDO
MANTOVANO SOTTOSEGRETARIO DI STATO MINISTERO DELL'INTERNO |
Interventi sulla stampa |
Articolo pubblicato su La Stampa (Sezione: Interni Pag. 5 ) |
Sabato 22 giugno 2002 |
Jacopo Iacoboni IL DIRITTO RIGUARDEREBBE LE AMMINISTRATIVE E GLI IMMIGRATI IN REGOLA Voto agli extracomunitari, l´apertura della Lega Maroni: «Si potrebbe fare». E piovono consensi anche da Forza Italia e An Chi pensa che un extracomunitario - se gli va bene - può avere come diritto solo il lavoro? Ieri è stato un eminente leghista a smentire il luogo comune e sostenere che magari, «a certe condizioni», si potrebbe pensare anche al voto, per gli immigrati. «Non sto dicendo che lo propongo», ha spiegato il ministro del Welfare Roberto Maroni. «Dico che ci si può pensare, all´interno di un percorso di integrazione ci sta». Sarebbe bastato anche meno per mescolare le carte: ma che il ministro del Carroccio riaprisse il dibattito su diritti-e-cittadinanza per extracomunitari ha sorpreso, e impresso un segno alla giornata. L´uscita non era neanche concordata: non è stata decisa a tavolino con il Senatùr Umberto Bossi, ieri occupato soprattutto sul cavallo di battaglia della devolution. Maroni ha parlato per sé, e ancora a tarda sera teneva a dire non fraintendetemi, «quello che ho detto non significa che io sia d´accordo con la possibilità di dare il voto agli immigrati, ho soltanto messo sul tappeto argomenti di futura discussionè. Ma le sue parole avevano già prodotto l´effetto: rivelare un orientamento «dialogante» che si sta facendo strada all´interno della maggioranza di centro-destra. Potrebbe, per inciso, svelenire il clima con i centristi, oltre che consolidare l´intesa con An e raccogliere il plauso dell´ala di Forza Italia più
sensibile al problema-diritti. Sentite perché.
Il ministro del Welfare è arrivato a ipotizzare il voto agli immigrati discutendo della Bossi-Fini, che lega l´ingresso degli extracomunitari in Italia all´esistenza effettiva di contratti di lavoro. Proprio per questo, ha sostenuto Maroni, la legge rappresenta «la correzione della logica sbagliata dei tetti e dei flussi che era propria della Turco-Napolitano». Qui la sorpresa: quando uno straniero entra «in regola e con un lavoro» potrebbe anche essere iscritto nelle liste elettorali. Della serie: facciamo venire solo chi serve alle aziende, ma poi chi viene avrà diritti veri, assimilabili a quelli dei cittadini italiani. E qui la possibile sintonia con An, balenata nell´ultimo Consiglio dei ministri ed espressa, ieri, da Domenico Nania («Il voto agli immigrati? Si può approfondire»). Oppure le lodi dai garantisti di Forza Italia (Pecorella, «Maroni dà un grande segno di civiltà»). L´idea e lo scenario politico hanno ricevuto, come ti saresti aspettato, qualche plauso dal centrosinistra. Però soprattutto bastonate, a conferma di una materia trasversale nella sostanza ma ancora legatissima a prese di posizione «di schieramento».
Massimo Brutti, dei Ds, ha detto okay, ottima l´idea del voto, «ma la legge va in direzione opposta». Dario Franceschini, coordinatore dell´esecutivo della Margherita, idem, bene il voto però insomma, la Bossi-Fini resta «culturalmente razzista», e poi favorisce la clandestinità. Il collega Gian Nicola Sinisi ha detto che, certo, far votare gli stranieri è giustissimo, però dopo ha citato i dati del «disastro» nelle politiche di contenimento dei flussi clandestini: «In quest´anno c´è stato un incremento di quasi il 5 per cento degli sbarchi rispetto all´anno precedente, con aumenti vertiginosi, ad esempio, in Sicilia e in Calabria».
Il sottosegretario all´Interno, Alfredo Mantovano, s´è affrettato a rispondergli che quei dati vengono interpretati strumentalmente; e che quell´aumento «del 4,76 per cento» è dovuto «alla crisi internazionale scoppiata nel Sud-Est asiatico e a quella acuitasi nel bacino medio-orientale del Mediterraneo»: lo spazio concreto per la discussione proprio non s´è aperto. Le notizie da Siviglia e lo stallo dei ministri Ue hanno fatto il resto: la politica italiana - dopo la smazzata di carte leghista - è rimasta a oscillare tra la moderazione del centrista Luca Volonté («Non è un caso che il governo abbia voluto proprio ieri ribadire l´impegno a regolarizzare i lavoratori extracomunitari in nero») e la constatazione che in Europa è la Francia di Chirac - da destra - a frenare un rigorismo chiesto dal tandem progressista Schroeder-Blair.
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