ROMA L’EVOLUZIONE del contagio è imprevedibile, gli allarmismi non servono, piuttosto occorre intervenire tempestivamente per scongiurare errori di sottovalutazione come quelli commessi dalle autorità canadesi: la necessità della prevenzione giustifica misure eccezionali. Contro la polmonite killer ogni precauzione è d’obbligo». Monitoraggio dei casi, sorveglianza stretta, cordoni sanitari. «Nella strategia anti-Sars del governo- spiega il sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano- si intrecciano efficacemente provvedimenti a tutela della salute pubblica e monitoraggio delle zone ad elevato transito».
In epoca di spostamenti ultrarapidi da continente a continente, la Sars ha drammaticamente svelato la mancanza di politiche transfrontaliere in grado di frenare le epidemie. Colpa dei singoli Paesi o delle autorità sanitarie internazionali?
«La Cina, con i suoi silenzi colpevoli, ha concorso in maniera decisiva alla diffusione planetaria del virus. Il Canada, poi, non si è allertato come era indispensabile fare. L’Organizzazione mondiale della sanità fotografa l’emergenza, poi tocca ai governi agire nel concreto. Può essere giusto vietare i viaggi nei paesi maggiormente colpiti. Sono ormai accertate la pericolosità e l’imprudenza dell’indirivieni di uomini d’affari, lavoratori extracomunitari e turisti dall’Asia e dal Canada».
Mancano convenzioni adeguate alla gravità della crisi?
«Gli accordi di cooperazione internazionale ci sono. Vanno fatti funzionare in modo trasparente per garantire una sorveglianza a 360°. Di fronte ad una patologia misteriosa che semina vittime in parti diverse del globo, l’arma principale è rappresentata dall’operatività, ossia dal saper fornire risposte immediate su larga scala. In Italia dal ministero della Salute sono arrivate subito indicazioni mirate, utili alla macchina anti-epidemia. Più velocemente circolano le informazioni più risolutive sono le misure precauzionali. Per questo la task force anti-Sars sta valutando, in tempo reale, caso per caso, segnalazione per segnalazione. In una cornice indefinita e preoccupante, in cui non si conoscono le esatte dimensioni del fenomeno, la prudenza legittima scelte anche drastiche come bloccare i voli da e per l’epicentro dell’emergenza».
Prima le circolari con cui il ministero della Salute ha messo in guardia gli italiani dai viaggi in Estremo Oriente, poi il comunicato «urgentissimo» del Viminale a tutti gli uffici di Polizia, ai Centri sanitari polifunzionali e al collegio medico legale del dicastero della Difesa. Ci sono elementi per temere una diffusione in Italia della polmonite atipica?
«Potenzialmente il pericolo esiste. Oggi si arriva in poche ore da un capo all’altro del pianeta, quindi la priorità è più che mai costituita da un’efficace rete di misure di controllo. Riguardo ai lavoratori originari del sud-est asiatico, come le colf filippine o gli operai del tessile, è una misura di buon senso e un’ovvia cautela evitare i soggiorni in patria. Davanti ad un’epidemia non si può escludere nessuna ipotesi, dunque neppure quella di bloccare i voli dalle città dell’Oriente e del Canada colpite dalla Sars. Comunque, l’allarme è giustificato, l’allarmismo no. Alle frontiere la vigilanza è assicurata da filtri sanitari e controlli serrati su persone, merci e bagagli, oltre alla banca dati dei passeggeri in arrivo negli scali aeroportuali dalle zone affette».
Perché è particolarmente preoccupante per l’Italia quanto sta accadendo in Canada?
«Perché se è accaduto in Canada, a migliaia di chilometri dall’Asia, può accadere ovunque. A Toronto sono arrivati alcuni casi di Sars importati ed è evidentemente stata sottovalutata la contagiosità della malattia. Che la Sars sbarchi e divenga endemica pure nel nostro paese, per il momento è solo una malaugurata eventualità. In ogni modo la frequenza dei viaggi internazionali è così intensa da preoccupare e da spingerci a ridurre le probabilità di contagio attraverso un rafforzamento della prevenzione. La situazione è sotto controllo, però non possiamo farci trovare impreparati da sviluppi al momento solo ipotizzati. L’unico modo per contenerne la diffusione è la corretta applicazione dei sistemi di controllo della Sars».
I sindacati di Polizia lamentano la mancata dotazione di apposite mascherine per gli agenti in servizio alle frontiere. E’ una lacuna che verrà colmata?
«Agli uffici sanitari delle questure è stato dato incarico in queste ore di provvedere a tutti gli adempimenti, compresi gli strumenti di prevenzione, le informazioni sulla sintomatologia clinica della Sars, il tipo di profilassi da seguire di fronte ad eventuali rischi. Una valutazione da fare situazione per situazione, nel caso, per esempio, degli agenti addetti ad accompagnare nel paese di provenienza i cittadini extracomunitari senza permesso di soggiorno o di quelli in servizio alla polizia di frontiera. Una casistica di cui fanno parte, in linea con quanto chiedono le organizzazioni sindacali, le irruzioni in abitazioni di persone provenienti da aree colpite gravemente dalla polmonite killer, arresti e raccolta di impronte digitali, operazioni di respingimento alla frontiera».