ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su LA STAMPA Lunedì 4 marzo 2002



LE REAZIONI ALL´EDITORIALE DI BARBARA SPINELLI

 

Anche la destra ha bisogno del suo «Moretti»

Mieli: qualche «no» in più servirebbe a rafforzare la Casa delle libertà


 

MORETTI s´è alzato e ha detto qualcosa di sinistra. Qualcosa indigestamente di sinistra. E ha dato la sveglia al popolo dell´Ulivo. Ma il problema, come ha sottolineato ieri Barbara Spinelli sulla Stampa, non è questione di colori, di poli, di ideologie. L´intellettuale che «si rifiuti di assurgere a Sant´Uffizio d´una chiesa o d´un´altra», dovrebbe sempre insorgere. E dire qualcosa nel nome della verità («Amo Catone ma ancor più la verità»). La sua critica è utile, se inaspettata, se solleva dubbi, se biasima la propria parte, se difende i principi universali della legalità e della democrazia. A questo punto «sarebbe più benefico per tutti - continua Barbara Spinelli - se anche nella Casa delle Libertà si alzasse un Moretti o un qualche illustre cittadino per dire che nel 2001 ha firmato un assegno per la maggioranza, ma non un assegno in bianco valevole in ogni circostanza...». Mentre nella sinistra in crisi, sconfitta alle elezioni, in cerca d´una leadership convincente e aggressiva, le voci dissonanti emergono, la stessa cosa non avviene nella destra giunta al governo. Perché la certezza del potere ricompatta, lasciando il campo agli yes men. E´ la legge ineludibile della storia? O c´è bisogno di un «Moretti» di destra? Paolo Mieli, che si occupa quotidianamente di questi temi nelle risposte alle Lettere del Corriere, non ha dubbi «Certo che ce n´è bisogno». «Bisogna partire dalla constatazione del fatto che gli intellettuali di destra sono un centesimo rispetto a quelli di sinistra - dice Mieli -. Il loro impatto è quindi meno clamoroso di Moretti. Ma vedo "voci" analoghe. Il "Moretti" di destra potrebbe essere Veneziani. Una persona che ha sempre avuto la vocazione anticonformista. Non è uno a caccia di posti, non baratta la retribuzione della complicità con il silenzio. Un altro è Gaetano Quagliariello, editorialista del Messaggero e consigliere di Marcello Pera. A volte vedo atti più coraggiosi da parte di membri del governo, che dei cosiddetti intellettuali. Penso a Stefania Prestigiacomo, o ad Alfredo Mantovano, che è stato il primo a dire apertamente che la diretta tv sulla manifestazione dell´Ulivo a Roma non gli sarebbe dispiaciuta. Sottolineo, anche, il lavoro efficace di personaggi bipartisan, come Ernesto Galli Della Loggia, Sergio Romano, Angelo Panebianco, che dovrebbere essere maggiormente valorizzati dalla sinistra». Qualcuno scorge nell´ubbidienza dei chierici centro-destrorsi il germe dell´opportunismo. Molti hanno l´aria di voler incassare, dopo una astinenza durata decenni. «Effettivamente c´è qualche silenzio di troppo - continua Paolo Mieli -, che somiglia all´attesa di ottenere una collocazione nel nuovo sistema di potere. E´ l´aspetto più brutto di questo atteggiamento. Ma chi tace non si rende conto che il dissenso su punti qualificati rafforzerebbe la sua causa. In ogni caso, non amo gli urli estemporanei alla Moretti. Preferisco la consuetudine costante a dire di no a ciò cui va detto di no». Un Moretti di destra? Per il politologo Giovanni Sartori la «simmetria» è impossibile. E non solo per una questione numerica, per colpa di ranghi più esigui nell´intellghenzia dell´altro segno. «La sinistra viene da una tradizione ideologica. Il "dimmi qualcosa di sinistra" ha un senso forte. E´ un richiamo della foresta. Nella destra le cose sono diverse. Non c´è questo passato, questa tradizione. Un intellettuale che ringhiasse a Berlusconi "di´ qualcosa di destra" è impensabile. Tutt´al più potrebbe pregarlo "di´ qualcosa che non è nel tuo interesse" o "di´ qualcosa che duri una settimana, che non cambi il giorno dopo"».

Miriam Mafai, sempre in prima linea nella sinistra che discute, legge il silenzio come una sorta di appagamento. «Alcuni intellettuali di destra hanno visto la vittoria di Berlusconi come un risarcimento di quella che hanno vissuto - spesso senza ragione - come un´esclusione. Vedi il caso Zeffirelli. Oggi non ha assolutamente niente da dire. Perché si sente appagato». Ma spiegare la quiete con il riconoscimento personale sarebbe riduttivo. «Altri si chiamano semplicemente fuori dal gioco - continua Miriam Mafai -. Mi viene in mente Antiseri, grande studioso di Popper. Perché tace? Non credo che lui non abbia niente da dire, penso piuttosto che preferisca sottrarsi all´agone politico. La Casa delle Libertà nella scorsa legislatura ha tentato di arruolare intellettuali, come Colletti, Vertone, Melograni. Il primo purtroppo è morto, il secondo è passato di nuovo dall´altra parte, il terzo è poco ascoltato. Si è preferito sostituirlo con i Guzzanti e gli Adornato. Naturalmente anche la destra avrebbe bisogno dei suoi "Moretti". Perché la critica - come scrive la Spinelli - è feconda se si rivolge alla propria chiesa. L´intellettuale deve rivolgersi laicamente al proprio schieramento. Non per fare la mosca cocchiera, ma per un´analisi critica, per dire qualcosa che al politico non riesce».

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