ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su LA STAMPA
(Sezione: Interni   Pag. 2   )
Sabato 7 Settembre 2002



IL PREMIER HA ABBANDONATO LA SEDUTA CON LETTA PRIMA DELLA RELAZIONE DI GASPARRI

«Si parla di tv», e il Cavaliere se ne va
Cossiga: spiritoso. L´Ulivo: la prova più evidente del conflitto


 

ROMA SONO le otto della sera, il «ministro delle tv» Maurizio Gasparri sta pregustando il piacere di leggere la sua relazione sulla riforma del sistema radiotelevisivo, quando inaspettatamente si materializza la scena per anni vagheggiata e mai vista: Silvio Berlusconi sposta la poltrona dal tavolo, si alza e annuncia al Consiglio dei ministri: «Lascio la riunione perché non voglio incorrere nel sospetto di un eventuale conflitto di interessi». Al suo fianco si alza anche il sottosegretario alla Presidenza Gianni Letta, si schiude la porta del Consiglio e i due si ritrovano nel corridoio che conduce allo studio del Presidente.
Uscita plateale per uno dei passaggi simbolicamente più critici per il Presidente-proprietario: l´approvazione da parte del Consiglio del disegno di legge destinato a cambiare la legge-cornice sul sistema radiotelevisivo. Berlusconi ha evitato di interpretare la scena dell´uscita secondo il canovaccio dipinto dal leader dell´Ulivo Francesco Rutelli in campagna elettorale («Sarà costretto a un continuo andirivieni tra la sala del Consiglio e il corridoio... »): una volta uscito, infatti, il Presidente del Consiglio è subito entrato nel suo studio, dove ha bevuto un tè al limone con il suo portavoce Paolo Bonaiuti. E qualche minuto più tardi, verso le 21, Berlusconi ha lasciato Palazzo Chigi, mentre in Consiglio era ancora in corso lo scontato dibattito sul testo di Gasparri. Ovviamente, non appena le agenzie hanno rilanciato la notizia dell´abbandono della sala da parte del premier, sul gesto di Berlusconi e Letta si è abbattuta la grandine polemica dell´opposizione. E la sulfurea ironia di Francesco Cossiga: «Spiritosi... ».

Ma paradossalmente il Consiglio dei ministri nel corso del quale Berlusconi è stato costretto ad auto-estromettersi si profilava complicato non tanto per la questione televisiva, ma per una delle grane meno governabili di questa stagione politica: la sanatoria per gli immigrati.

In tarda serata, dopo una seduta di 5 ore, il Consiglio dei ministri ha trovato un accordo anche sull´ipotesi di compromesso preparata da uno dei grandi sconfitti delle elezioni politiche, il sottosegretario Alfredo Mantovano. Nelle ultime ore è stato lui - l´ex magistrato vicino all´Opus Dei che sfidò Massimo D´Alema a Gallipoli - l´artefice dell´accordo che ha consentito di bagnare le polveri già accese sulla questione-immigrati. Certo, ieri sera in Consiglio dei ministri, c´è stata discussione: la Lega da una parte e i centristi dall´altra hanno battagliato attorno al testo che era entrato in Consiglio a doppia firma, Giuseppe Pisanu, ministro dell´Interno di Forza Italia e Roberto Maroni, ministro leghista del Welfare.

Un testo arrivato in Consiglio ancora aperto sulle questioni sulle quali pendeva ancora il disaccordo: lo status degli immigrati da sanare e la durata minima di tempo lavorato per poter accedere alla sanatoria. Da una parte i centristi dell´Udc, sostenitori della tesi "mettiamo in regola chiunque abbia un lavoro", dall´altra i leghisti per i quali andava sanato soltanto chi aveva un lavoro stabile.

Uno scontro inatteso perché alla fine di luglio dentro la maggioranza era stato trovato un compromesso dopo la battaglia condotta dal presidente della Commissione Attività Produttive Bruno Tabacci, Udc. Poi, il colpo di scena, la correzione di rotta impressa dalla Lega nel cuore dell´estate. Una svolta che - come hanno spiegato riservatamente Bossi e Maroni a Berlusconi e Fini - è scattata dopo aver constatato le lunghe file davanti agli uffici postali da parte di chi aveva intenzione di regolarizzare colf e badanti: «Ma allora i clandestini sono molti più di quelli che immaginavamo, qui finiamo per sanare molte centinaia di migliaia di irregolari», hanno confidato i due capi della Lega.

E così, negli ultimi giorni la febbre nella maggioranza si è di nuovo rialzata, con Tabacci che avvertiva: «Il decreto Maroni? Un boomerang». Ed è stato lo stesso Tabacci, che si è rivelato in questi primi 16 mesi di legislatura come uno dei leader parlamentari del centrodestra, a parlare della questione direttamente con il ministro dell´Economia Giulio Tremonti: «Caro Giulio, parlarne tu con i ragazzi della Lega..., fagli capire che una linea come la loro porta discredito all´intera maggioranza».


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