ALFREDO
MANTOVANO SOTTOSEGRETARIO DI STATO MINISTERO DELL'INTERNO |
Interventi sulla stampa |
Articolo pubblicato su GAZZETTA DEL SUD Anno 54 (Sezione: Pag. ) |
venerdì 15 luglio 2005 |
Arturo De Luca fassino presenta la sua exit strategy dall'irak, ma viene bocciato dalla sinistra radicale che pretende il ritiro Nella maggioranza, tranne la Lega e parte di An (Gasparri) si respinge l'idea di chiudere le frontiere. D'accordo il centrosinistra   Il premier: su Schengen non seguiremo la scelta della Francia
ROMA – Lega e parte di An di qua, tutti gli altri di là. Di altre divisni nella maggioranza non si sentiva proprio la necessità e così è dovuto scendere in campo Berlusconi, che alla inevitabile domanda da parte dei cronisti, ha replicato: «No, non ne faremo niente, non credo che sospenderemo Schengen seguendo l'esempio della Francia. Ma comunque ne parleremo domani (oggi per chi legge, ndr) in consiglio dei ministri insieme con il pacchetto Pisanu». E non sarà una discussione pro forma perché la Lega porrà formalmente la questione, come ha annunciato il ministro Maroni. «Se la Francia, che è fra i Paesi fondatori dell'Europa, lo ha fatto – ha spiegato Maroni – non solo è una cosa che anche noi possiamo fare, ma che anzi, con un po' di buonsenso, dovremmo fare. Se la Francia chiude le frontiere vuol dire che ha ritenuto che c'è la possibilità dei terroristi di entrare in Europa. E se la Francia ha chiuso aumenta il rischio per gli altri Paesi». Per questo, secondo il ministro del Lavoro, anche il governo dovrà valutare la questione: «La Spagna ha già detto che sono pronti a farlo, e credo che sarebbe un errore se dicessimo di no». D'accordo è, non da ieri, anche il ministro della Giustizia Castelli e così una parte di An: Gasparri, La Russa, Mantovano. «Rispetto la valutazioni di Pisanu – osserva Gasparri – ma lo invito a riflettere». In An però molti altri, Fini in primis («non ci sono le condizioni per sospendere Schengen» ha ripetuto ieri a Istanbul), ma anche Urso e Valentino, sono contrari. Parere negativo anche da Forza Italia, con uno schieramento compatto che va da Berlusconi a Pisanu al commissario europeo Frattini, che osserva: «Anche se rispetto la posizione della Francia, Schengen è una grande conquista che va difesa». È critica anche l'Udc. Osserva il ministro della Cultura Rocco Buttiglione: «Comprendiamo la preoccupazione degli amici francesi, ma pensiamo che quella misura sia sbagliata. E quindi non sospenderemo Schengen». Se la maggioranza è spaccata, l'Unione è compatta nel respingere l'ipotesi di una sospensione. Dopo la presa di posizione di Romano Prodi («sarebbe grave rinunciare a questo spazio di libertà che con tanta fatica ci siamo conquistati»). «Dal punto di vista della lotta al terrorismo, la sospensione degli accordi di Schengen non mi pare una misura che affronta la peculiarità di questo rischio dato che – osserva il presidente dei Ds, Massimo D'Alema – non mi pare che i terroristi arrivino con i gommoni dei clandestini. Quella presa da Francia e Olanda è una misura che mi sembra più dettata da una reazione emotiva che non da una strategia di lotta al terrorismo. E speriamo che abbia un carattere temporaneo». Analogo il ragionamento del leader della Margherita Francesco Rutelli: «E' assolutamente ridicolo – commenta – immaginare che il terrorismo fondamentalista abbia bisogno di Schengen per colpire. Mi sorprende molto che Sarkozy abbia ceduto alla demagogia. La risposta giusta è la razionalità».«Più che sospendere gli accordi di Schengen – osserva il presidente dell'Italia dei Valori, Antonio Di Pietro – la lotta al terrorismo va implementata con interventi mirati di polizia e previa ampia attività di intelligence». Intanto tiene banco anche la missione italiana, e Piero Fassino presenta la sua exit strategy che prevede il rientro del contingente militare dall'Irak dal gennaio 2006 ma, per non abbandonare il paese, disponibilità a partecipare a una forza di pace dell'Onu. Alla vigilia del dibattito in Parlamento per il rifinanziamento della missione italiana a Nassiriya, il segretario Ds spiega la sua tesi: «Avviamo dal gennaio del 2006 il rientro dei militari attualmente impegnati in Irak, ma poi non diciamo: l'Italia se ne disinteressa. L'Italia può essere presente in Irak con un forte e numericamente consistente contingente di carabinieri. Esattamente come è successo in Bosnia». «Possiamo poi – propone Fassino – rafforzare la nostra presenza con una missione civile che contribuisca alla ricostruzione. Se l'Onu darà vita ad una forza di pace possiamo contribuirvi. Insomma, ci sono molti modi per non lasciare l'Irak solo». L'importante «è che si passi sempre più dalla dimensione militare a quella politica». Fassino riguardo all'atteggiamento del centrosinistra contrario all'attuale missione in Irak ribadisce che questo «non significa che non ci poniamo il problema». La posizione di Fassino, però, mentre Prodi appare impegnato in una difficile mediazione, trova la netta contrapposizione dei Comunisti Italiani. «Il governo – sentenzia Marco Rizzo – disponga il ritiro immediato delle truppe dall'Irak». Sulla stessa linea Rifondazione e i Verdi che, con Paolo Cento, osservano come l'atteggiamento di Ds, Margherita e Sdi segni «un segnale preoccupante di un arretramento dell'unità programmatica all'interno dell'alleanza di centrosinistra».
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