ALFREDO
MANTOVANO SOTTOSEGRETARIO DI STATO MINISTERO DELL'INTERNO |
Interventi sulla stampa |
Articolo pubblicato su GAZZETTA DEL SUD (Anno 54 Pag. ) |
sabato 21 gennaio 2006 |
Ugo Bonasi
Dopo l'“invito” rivolto al prefetto Del Mese (Sisde) perché “pubblici ufficiali” si tengano fuori «dai dossier del premier»
Servizi segreti, Brutti nella tempesta
ROMA – Mancavano giusto i servizi segreti. Ora anch'essi sono della partita. Quella elettorale. Almeno stando alla preoccupazione, diretta ed esplicita, di Massimo Brutti, autorevole membro diessino del Copaco, il comitato parlamentare di controllo sui servizi che nel corso dell'audizione del prefetto Emilio Del Mese ha suggerito al responsabile del Sisde, ma indirettamente anche al capo del Cesis, l'organismo che coordina l'intelligence italiana, di «tenersi fuori dai dossier del premier, dalla campagna torbida...». Mai finora era emersa in una sede istituzionale l'ipotesi che i servizi possano essere stati usati, o lo possano in futuro, per indirizzare l'attenzione degli italiani. Ora anche questo tabù s'è infranto, obbligando la maggioranza ad una dura risposta: «L'opposizione si vergogni – replica il vice premier Gianfranco Fini – perché se arrivano a questo livello di bassezza, non dicano poi di tenere i toni bassi. È un'accusa infamante che merita di essere respinta con sdegno». «Nel momento in cui entrano nella lotta politica questi veleni, ho sentito il dovere di fare un richiamo...»: Massimo Brutti sa di essere andato sopra le righe, ma non se ne preoccupa. È convinto, e senza alcun condizionale, di aver fatto il suo dovere perché Berlusconi «sta elaborando dossier contenenti veleni». Ammette di «non sapere chi collabori con lui», ma è «certo» che vi è stata una «attività illecita da parte di pubblici ufficiali» che avrebbe reso pubbliche le intercettazioni tra il leader Ds Fassino e il numero uno di Unipol, Consorte. Brutti, dunque, si è «sentito in dovere di inviare un messaggio a tutti i funzionari dello Stato e agli uomini dell'intelligence» perché rimangano «leali» e si tengano «lontani da queste manovre, da queste campagne torbide, dal conflitto politico che ruota attorno ad esse». L'accusa di Brutti al Copaco che ha parlato a braccio e direttamente di «attività parainvestigativa disposta dal premier per colpire la Quercia», ma senza mai nominare l'Unipol, ha trovato la sponda dei suoi, dei Ds, ma non di molti altri dell'opposizione. «Abbiamo la precisa opinione che siamo di fronte ad un'azione premeditata se non spionistica messa in opera ai danni dei ds», afferma Gavino Angius che parla di «allarme democratico» e chiarisce che «non c'è un'accusa ai servizi, ma solo la sollecitazione ad attenersi ai propri doveri». Marco Minniti, vicino a D'Alema, torna con la memoria ai tempi del Sifar e si dice preoccupato perché Berlusconi ha affermato che è «sua intenzione raccogliere un dossier». La maggioranza è compatta nel respingere l'attacco, almeno Fi, An e Lega. «L'accusa di Brutti dovrebbe essere sostenuta da prove certe e seguita dal ricorso ai giudici», ricorda Alfredo Mantovano, sottosegretario agli Interni di An. Sono solo «insulti e calunnie» per Cicchitto, vice coordinatore di Fi: «Un'operazione, quella di Brutti, di bassa propaganda elettorale che ricorda i meccanismi comunicativi della strategia di Goebbels...».
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