ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


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Articolo pubblicato su LA GAZZETTA DEL SUD
(Sezione:         Pag.  )
Domenica 4 Aprile 2004

Carmelo Pariglia

Scaduti i termini di custodia cautelare, Paolo Sorprendente, elemento di spicco della camorra di Bagnoli, è tornato libero

 Boss condannato e... scarcerato

«I giudici non hanno fatto altro che applicare le regole processuali»


 

NAPOLI – Paolo Sorprendente, 46 anni, boss della camorra del quartiere Bagnoli, è tornato libero. Una libertà limitata da una serie di controlli e obblighi, come quello di non risiedere nel territorio del comune di Napoli, che tuttavia non riducono lo sconcerto dell'opinione pubblica. A disporre la scarcerazione sono stati venerdì sera i giudici della quinta sezione del Tribunale di Napoli, che pure avevano condannato il boss a dieci anni di reclusione, ritenendolo a capo di una associazione di tipo mafioso. Ma il Tribunale ha dovuto prendere atto che erano ormai scaduti i termini di custodia cautelare, in quanto, dopo la cattura avvenuta in Brasile, Sorprendente aveva trascorso in carcere, in gran parte in regime di 41 bis, oltre quattro anni. Una misura che sarebbe stata scongiurata solo nel caso all'imputato fosse stata riconosciuta l'aggravante del riciclaggio dei proventi illeciti (il pm aveva chiesto infatti una pena di 17 anni), che avrebbe determinato l'allungamento dei termini di custodia. Il processo di primo grado, dunque, ha avuto una durata eccessiva, dovuta anche a una serie di contrattempi, come un incendio a Palazzo di Giustizia che determinò il rinvio del dibattimento.

Il caso di Sorprendente è l'ultimo e tra i più eclatanti esempi di un fenomeno – quello delle scarcerazioni provocate dalle lungaggini dei processi – che coinvolge da anni l'amministrazione della giustizia nell'intero paese ma che a Napoli, come sottolineano gli addetti ai lavori, assume i caratteri di una autentica patologia. «Il sistema giudiziario è quello che è, è il sistema che ci siamo dati e ai magistrati spetta l'osservanza delle regole», dice il procuratore generale di Napoli Vincenzo Galgano, che mantiene un atteggiamento prudente sulla vicenda, sottolineando di non poter esprimere giudizi su una vicenda che non conosce nei dettagli. «I casi sono centinaia – si limita a ricordare. Si tratta di un problema molto delicato perché investe la questione del bilanciamento tra i diritti costituzionalmente garantiti, come la presunzione di innocenza, e le esigenze di tutela della collettività».

Si sofferma invece sulle deficienze del sistema processuale e sulla questioni di organizzazione del lavoro, il pm Giuseppe Narducci, attualmente alla sezione antiterrorismo, che ha svolto le principali inchieste su Forcella, il rione dove è stata uccisa la 14enne Annalisa e dove la notizia della scarcerazione di Sorprendente ha determinato reazioni di allarme e indignazione. Narducci individua nel dibattimento di primo grado, e in particolare nelle procedure e nelle difficoltà imposte dalla fase di formazione della prova, la causa prima della lunghezza dei processi. Ma ciò che altrove rappresenta un problema spinoso a Napoli è la spia di «una situazione patologica». Il magistrato punta l'indice anche contro l'organizzazione del lavoro nel tribunale partenopeo, le cosiddette tabelle: «C'è stata la massima attenzione ai carichi di lavoro del giudice monocratico, e poca a quelli dell'organo “collegiale”». Mentre, a suo giudizio, si dovrebbe assicurare una maggiore celerità ai processi alla criminalità organizzata.

Dal canto suo il segretario dell'Anm di Napoli, Linda D'Ancona, afferma: «Per quanto riguarda la vicenda del processo al boss scarcerato, occorre dire che i giudici non hanno fatto altro che applicare le regole processuali. Il vero problema è che il processo è durato troppo e la lunghezza non è dipesa da quel particolare collegio giudicante, ma da una serie di fattori complessivi con cui gli stessi giudici si trovano a dover fare i conti».

Secondo il sottosegretario agli Interni, Alfredo Mantovano, «le norme per evitare simili situazioni nel codice ci sono» mentre manca «l'efficienza di chi è chiamato ad applicarle». Di diversa opinione l'avvocato Antonio Managò, autore di un vittorioso ricorso alla Consulta contro la disapplicazione delle norme che consentono di scarcerare chi è da troppo tempo detenuto prima di una condanna definitiva. Il penalista trova assurde le proteste e sottolinea che in Italia «abbiamo già dei tempi di custodia cautelare tra i più lunghi d'Europa». Il ministro della Giustizia, Roberto Castelli, ha disposto una ispezione a Palazzo di Giustizia di Napoli.


    

 

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