ALFREDO
MANTOVANO SOTTOSEGRETARIO DI STATO MINISTERO DELL'INTERNO |
Interventi sulla stampa |
Articolo pubblicato su IL TEMPO (Sezione: Pag. ) |
mercoledì 16 novembre 2005 |
di ALFREDO VACCARELLA
Identità rubate, la cupola era all’Anagrafe
LADRI d’identità altrui. Padri fasulli che riconoscono figli inventati di sana pianta. Residenze fittizie, carte d’identità ballerine. E dietro, ventimila euro di guadagno per ogni pratica, un giro d’affari enorme gestito da una «piovra» ben radicata all’interno dell’anagrafe della città eterna. Secondo il sostituto procuratore Salvatore Vitello, un’associazione per delinquere ben strutturata che, dietro profumato compenso, faceva acquistare la cittadinanza agli stranieri facendoli appunto «riconoscere» come figli da persone compiacenti o anche, in caso di necessità, poteva arrivare a «clonare» le identità altrui - preferibilmente quelle di romani da tempo trasferiti all’estero - assegnandole agli stranieri. Un modo perfetto oltretutto anche per «lavare» fedine penali impresentabili: da delinquente con tre pagine di precedenti, magari straniero e clandestino, a signor Rossi qualsiasi, residente in via Tal de’ Tali a Roma. Calcolare quanto abbia fruttato questo meccanismo collaudatissimo, in funzione come minimo dal 2001, per ora è impossibile. Si parla di due milioni e mezzo di euro, ma la cifra è indicativa e non tiene conto del fatto che solo la punta dell’iceberg è stata scoperta. La festa comunque è finita ieri mattina all’alba, quando seicento agenti e funzionari di polizia, coordinati nelle operazioni dal personale della squadra mobile di Roma agli ordini del capo Alberto Intini, hanno effettuato perquisizioni e arresti in tutta Italia. In mano, 135 ordinanze di custodia cautelare accordate dal Gip Guglielmo Muntoni da eseguire per altrettanti padri e figli finti, per italiani e stranieri, in massima parte slavi. Oltre che per la «cupola» dell’anagrafe parallela. Un centinaio di persone sono finite in carcere, per altre ci sarà da indagare per anni, visto che si tratta di stranieri che poi sono spariti nel nulla finendo all’estero come cittadini italiani. Tanti quelli che hanno semplicemente usufruito, versando profumati compensi, dei servizi creati da altri, dai gestori dell’anagrafe parallela. Sedici persone, loro sì la vera e propria «cupola» delle identità rubate. Sono finiti dentro tutti con l’accusa di associazione a delinquere, e otto sono dipendenti del Comune di Roma. Al vertice della banda, ipotizzano gli agenti della IV Sezione, diretta da Dania Manti, che ha seguito le indagini per un anno e mezzo, sarebbe Nello Nasso, 59 anni, funzionario dell’anagrafe. Con lui agli arresti altri quattro dipendenti capitolini, due dei quali già in pensione: sono Orlando Ammannito, di 51 anni; Giuseppe Pugliesi, di 39, ai domiciliari; Ubaldo Rossi, di 72 anni; infine Domenico Fuscà, di 74, ai domiciliari anche lui. Arrestati anche tre vigili urbani: Giampiero Flamini, di 57 anni, e Umberto Catalano, di 48, responsabili degli accertamenti nei campi nomadi. Infine Stefano Radica, di 53 anni, ai domiciliari per tutt’altre vicende in cui è finito implicato con Nasso, comandante dei vigili di Montecompatri. A trarre beneficio dal sistema poi anche gli altri otto della banda, nomadi italiani o stranieri che i poliziotti hanno sorpreso ieri mattina nelle loro lussuose ville alla periferia di Roma, sull’Anagnina. Il grosso dell’operazione - chiamata «Servio Tullio» non senza una qualche ironia dal re di Roma che divise i cittadini dell’Urbe in classi - però si è svolto altrove. In massima parte nei campi nomadi della Capitale, ma anche a Milano, Torino, Alessandria, Frosinone e Caserta. Rastrellamenti dall’alba, unità cinofile, perfino la polizia a cavallo intervenuta per chiudere le vie di fuga. Un blitz preparato per settimane che alla fine ha dato i suoi frutti con i cento arresti, i sessanta falsi riconoscimenti di paternità scoperti e le 12 clonazioni. Tanto che Alfredo Mantovano, Sottosegretario all'Interno, si è voluto congratulare con il Capo della Polizia Gianni De Gennaro per il lavoro dei suoi uomini.
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