ALFREDO
MANTOVANO SOTTOSEGRETARIO DI STATO MINISTERO DELL'INTERNO |
Interventi sulla stampa |
Articolo pubblicato su IL TEMPO (Sezione: Pag. 10) |
Venerdì 2 luglio 2004 |
di MAURIZIO PICCIRILLI
«Ecco che abbiamo fatto per i testimoni di giustizia»
ROMA — I testimoni di giustizia abbandonati dallo Stato? Il sottosegretario Alfredo Mantovano non ci sta. E non solo perchè oggi presiede la speciale commissione che stabilisce i criteri del servizio protezione ma perchè fu proprio lui quando il ruolo di governo era lontano, nel 1998, a presentare in Commissione antimafia una relazione che fu la base della riforma legislativa scattata nel gennaio 2001 che stabiliva lo status giuridico dei «testimoni di giustizia» distinguendo in modo chiaro la linea di confine con i «collaboratori di giustizia». Eppure ancora oggi ci sono lamentele e critiche. «Sono problemi che ci portiamo dietro dalla prima stesura del provvedimento - sottolinea il sottosegretario all'Interno Alfredo Mantovano - La legge sui collaboratori di giustizia, senza distinzioni, fu fatta frettolosamente tra il 1990/92 durante il periodo d'emergenza. Quando la mafia portò l'attacco al cuore dello Stato, uccidendo i giudici Falcone e Borsellino. La situazione oggi è ben altra». La nuova norma ha permesso di inserire nel programma di protezione tra ottobre 2001 e maggio 2004 ben 60 nuovi testimoni. Nel periodo precedente, tra luglio 1998 e settembre 2001, erano stati 21. Ma la formula vincente sono le capitalizzazioni ovvero il reinserimento socio-lavorativo così come previsto dalla legge. «Sono in aumento rispetto al passato - conferma il sottosegretario Mantovano - Sono 45 a oggi i testimoni reinseriti. Il raggiungimento di questo obiettivo consente di restituire alla vita normale i testimoni, reinseriti in un tessuto nuovo. Il procedimento avviene in base a un confronto con i testimoni sotto protezione. Abbiamo avuto ben 104 audizioni per 51 testimoni a confermare che ci preoccupiamo di sentirli più volte per dare le chance migliori a loro riprendere una vita normale». Queste persone ottengono un lavoro o il finanziamento di un'impresa in un luogo protetto. Restano aperti vecchi contenziosi. «Sono posizioni remote - chiarisce il sottosegretario all'Interno - frutto di carenze legislative e di insofferenza da parte dei protagonisti. Alcuni sono stati estromessi dal sistema di protezione perchè non consentivano la loro protezione. Casi limitati comunque. Oggi le ammissioni al sistema di protezione e il reinserimento viaggiano su un binario privilegiato rispetto al passato».
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