È COME il mare tra il dire e il fare. Un gap enorme, una differenza abissale, una voragine incolmabile che separa le promesse elettorali di Romano Prodi dalle prime decisioni annunciate da Palazzo Chigi. Decsioni che il presidente dell’Udc Rocco Buttiglione definisce senza tanti preamboli «errori». «Punti deboli» dell’attuale esecutivo che il partito dell’ex ministro dei Beni Culturali combatterà con un’opposizione «chiara ma forte». Perché il Professore non cadrà in seguito ad una spallata popolare, magari dopo la sconfitta al referendum costituzionale del 25 giugno, come pensava qualcuno nella Casa delle libertà.
E come cadrà, onorevole Buttiglione?
«È semplice. Dobbiamo aspettarlo nelle aule parlamentari.
E batterlo lì».
Secondo lei quali sono gli errori più gravi?
«Partiamo dal ministro Mussi. Io ho impedito che l’Unione europea finanziasse le richerche che comportavano la distruzione di embrioni. Ho creato a tale scopo un blocco composto da Italia, Germania, Austria, Slovacchia, Malta e ora anche dalla Repubblica Ceka che raggruppa oltre 200 milioni di cittadini europei. Mussi vuole ritirare la partecipazione del nostro Paese a tale blocco. Con due risultati: far passare una posizione contraria alla legge italiana e regalare soldi ai ricercatori stranieri. Infatti, anche da un punto di vista economico è un errore gravissimo».
Che avete fatto per scongiurarlo?
«Prima io, poi Mantovano e adesso anche la Margherita abbiamo presentato una mozione per difendere i valori in cui crediamo, a prescindere dall’appartenenza a uno schieramento politico. La prima frontiera politica è quella dei valori».
Molti dicono, ad esempio nel caso delle terapie a base di staminali, che vietandole in Italia si consentirebbe solo ai ricchi di avere accesso alle relative cure. È così?
«No. I risultati veri con le staminali sono stati ottenuti con quelle non embrionali. E in Italia su questo fronte siamo all’avanguardia. La verità è che la soluzione più etica è anche la migliore da un punto di vista scientifico».
Un altro punto debole?
«L’economia. L’Unione ha fatto una scriteriata campagna elettorale contro di noi promettendo a tutti di più. È facile promettere senza fare i conti con i vincoli di bilancio. E Prodi ai suoi in Umbria è stato costretto a dire che i soldi non ci sono. Leggo sulle agenzie, devo ammettere con una punta di maligna soddisfazione, che il ministro dei Beni Culturali Rutelli dice che difenderà con le unghie e i denti il bilancio del suo dicastero. Eppure, anche se Prodi aveva promesso di rimpinguarne il bilancio, ora parlano di tagli. Ma allora quando criticavano noi? Dov’è la coerenza con la campagna elettorale? Perché si è data alla gente l’idea che i soldi c’erano? Però hanno assicurato un taglio del 10% sui ministeri... «Tutto fa brodo. Ma questo gli darà l’uno per mille di quello che gli serve. Poi che faranno?».
Che faranno?
«L’unico compromesso possibile è nuove tasse e taglio degli investimenti infrastrutturali. Hanno già cominciato con le addizionali Irap e Irpef. Tra meno di un mese lo faranno. Noi non le abbiamo aumentate alle regioni rosse che erano tutte governate da loro. Perché allora ci accusavano di strangolare le regioni? Si sbagliavano? Se invece taglieranno sulle infrastrutture, non si faranno le grandi opere, come il ponte sullo stretto e il corridoio 5. E l’Italia resterà tagliata fuori dallo sviluppo europeo».
Quindi anche lo slogan di Prodi, «far ripartire l’Italia», è stato un inganno, una promessa tradita?
«Beh, tagliare le infrastrutture è esattamente il contrario di quello che gli esperti ci chiedono per far ripartire lo sviluppo del Paese. Il governo Berlusconi ha tagliato tutto eccetto le infrastrutture. E non ha messo nuove tasse».
Altre critiche?
«Epifani contestato dagli industriali è la dimostrazione che non si può promettere agli industriali il contrario di quello che si promette ai sindacati. Alla fine i due bidonati di turno se la prendono con chi li ha ingannati».
Però c’è chi osserva che Berlusconi ha aumentato i posti di lavoro con la crescita del precariato.
«Le soluzioni sono due: lavoro stabile e disoccupazione. Epifani chiede di tornare ad essere disoccupati, poiché vuole togliere i contratti atipici, quindi gli imprenditori che non se la sentono di assumere senza periodo di prova non assumeranno più. Noi, flessibilizzando anche con margini importanti la precarietà, abbiamo aumentato fra i due e i tre milioni i posti di lavoro. Erano lavori in nero? Bene, erano contro la legge e privi di diritti».
Un esempio?
«Se sono un piccolo imprenditore che produce bellissimi yacht per una clientela ristretta e ho la possibilità di ottenere una grande commessa per produrne di più devo assumere. Diciamo che ho la certezza di dare impiego a 600 persone per tre anni. Sa che cosa fa l’imprenditore senza legge Biagi?».
Che fa?
«Rifiuta la commessa. Perché, se le cose non gli vanno bene, si trova sulle spalle 600 persone che non poò più mantenere».
Andiamo avanti.
«Le faccio un ultimo esempio. Non si è mai visto che si vari una riforma sulla struttura dei ministeri per decreto. È una cosa che obbedisce più a criteri di equilibrio politico che di funzionalità. Perché hanno messo insieme il commercio estero con l’Europa? L’Europa si basa su un mercato comune. È perchè hanno separato lo sport dallo spettacolo? Che senso ha? Avevano bisogno di una poltrona in più? Dobbiamo batterci in aula per impedire questo. Ma le cose insensate sono moltissime...».
Ne dica un’altra.
«Parliamo d’immigrazione. Il ministro vuole aprire le frontiere concedendo un permesso temporaneo di soggiorno di un anno. Una cosa che ci metterebbe fuori dal trattato di Shengen. Un annuncio che metterebbe in movimento migliaia di disgraziati con il rischio che molti di loro potrebbero morire affogati».
Qual è la sua posizione sul referendum? Darete ai vostri libertà di votare secondo coscienza?
«Siamo per il sì. E il partito deve dare questa indicazione. Siamo convinti che la riforma è buona e abbiamo lavorato tanto per correggerla. Un merito che va soprattutto al segretario Follini. Noi, comunque, non cacceremo chi vota in modo diverso».
Ma se ne andrà, secondo lei, o no?
«Io credo che resterà».
Follini voterà no. Perché?
«Dovrebbe spiegarcelo lui».
Non ha nessuna critica da fare alla riforma elettorale della Cdl?
«Sì, certo. Una parte migliora il disastro della riforma fatta dal centrosinistra nel 2001. Ma quella sulla forma di governo è scadente».
E allora?
«Allora votiamo sì e poi modifichiamo quella parte. Abbiamo il tempo. A differenza della devolution, non entrerà in funzione prima di cinque anni. Apriamo subito un tavolo, dialoghiamo».
Ma si può fare anche se vince il «no»...
«Bertinotti ha detto che se vince il no non si tocca nulla per rispetto della volontà referendaria».
E se vince il sì?
«Proproniamo una commissione redigente per migliorare ulteriormente la riforma della Cdl».
Se la vittoria andrà al «no», Berlusconi resterà il leader dell’opposizione?
«Se lo scontro referendario fosse stato politicizzato non avrebbe potuto restare. Così sì».
Che responsabilità ha l’ex premier nella sconfitta elettorale delle amministrative?
«Gli elettori moderati non hanno votato in massa perché non esiste un’organizzazione di partito dei moderati capillare e capace di innervare e motivare la massa elettorale. Il limite di Forza Italia è stato di aver puntato tutto sul suo leader e sui mass-media. Alle politiche ha funzionato, alle amministrative no».
Quindi?
«Ci vuole un partito moderato diverso da FI. Che assomigli, per capirci, alla democrazia cristiana tedesca. Bisogna unire la gente sulla base di una visione comune dell’uomo e della vita. Il partito unico deve avere un forte insediamento sociale e cercare di recuperare settori, come ad esempio quello molto frazionato dei pensionati, che finora non siamo riusciti a coinvolgere in una proposta politica».
E sui Pacs che pensa?
«Un uomo e una donna che si mettono insieme e fanno figli sono eroi del nostro tempo. Tutto è contro di loro. E la famiglia è una priorità sociale».
E chi non si sposano?
«Se c’è convivenza stabile e ci sono i figli la funzione sociale è comunque quella di una famiglia tradizionale».
Quanto durerà il governo Prodi?
«Poco».
Non vuole fare una previsione?
«Non faccio previsioni. Ma non sarà facile per loro andare oltre la fine della Finanziaria».